L'ultima gaffe della Fedeli, Pacifico: 'in questo modo si offende il sesso femminile'

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Pubblichiamo alcune considerazioni in risposta alle dichiarazioni inopportune della ministra Valeria Fedeli a proposito degli uomini che non insegnano perché gli stipendi sono bassi.

Il comunicato Anief in risposta alle superficiali dichiarazioni della ministra Fedeli

“Dire che l’insegnamento in Italia è un’occupazione scelta quasi sempre dalle donne perché gli uomini guadagnano di più, rappresenta una grave offesa al sesso femminile. Il quale, implicitamente, è come se fosse rassegnato a percepire stipendi ridotti”. Non è piaciuta a Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, la dichiarazione fatta dalla Ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, nel corso di un’audizione alla commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, parlando degli stereotipi che vorrebbero le ragazze meno portate per lo studio di alcune discipline scolastiche.
“Da una Ministra dell’Istruzione che si professa fervida sostenitrice della parità di genere – continua Pacifico – ci aspettiamo, anzi pretendiamo, fatti concreti e non più uscite a vuoto come questa. Anche perché, se l’avvicinamento alla professione di docente fosse davvero legato allo stipendio, perché allora anche in Germania, Francia e Regno Unito, dove le buste paga sovrastano quelle dei nostri insegnanti, arrivando quasi a raddoppiarle, le donne in cattedra rappresentano comunque oltre l’80% del corpo insegnante?”.
Anche il Corriere della Sera ricorda, commentando le parole della titolare del dicastero dell’Istruzione in audizione, che “all’estero la femminilizzazione” dell’insegnamento è solo “un po’ meno accentuata: si va dal 63% della Spagna al 74% degli Stati Uniti. Nella scuola primaria, in Francia le maestre sono l’82%, nel Regno Unito l’81%, in Finlandia il 78%, in Spagna il 75%. Il nostro, insomma, meno degli altri, è un Paese per maestri”. Lo sbilanciamento, tra l’altro, in Italia riguarda soprattutto il primo ciclo: “i Mario Lodi e i Don Milani della scuola italiana sono una specie tanto rara da rischiare l’estinzione: meno del 4% degli insegnanti della primaria sono maschi, 8.193 su 224.124. A quella dell’infanzia, addirittura lo 0,7%: 590 mosche bianche. È così per tutti i livelli della scuola, che mediamente è in «rosa» per l’80%, anche se la presenza di donne diminuisce con il crescere del livello scolastico e del prestigio sociale connesso: le professoresse alle superiori sono il 65%”.
“La Fedeli – dice ancora Pacifico – non è stata messa al Miur per ricordarci che maestri e professori in Italia hanno uno stipendio troppo basso. Lo sapevamo già. Spetta a lei fare in modo che non sia più così e non lamentarsi pubblicamente. A che servono e a chi sono rivolti questi appelli? Invii, piuttosto, un segnale concreto, come abbiamo già detto, al tavolo di contrattazione sull’Atto di indirizzo, preludio a quello che a breve si costituirà per il rinnovo del contratto della scuola fermo da oltre otto anni. Chi opera a favore della formazione dei giovani, avendo un compito di alta responsabilità, su questo siamo d’accordo con la ministra, non può continuare a percepire mensilmente meno di tutti nella Pubblica amministrazione”.
Oggi in Italia un insegnante in media può contare su un guadagno, in media, di 29mila euro lordi l’anno. Mentre i collaboratori scolastici rappresentano la Cenerentola, in fatto di buste paga, di tutto il comparto pubblico, percependo poco più di 20mila euro lordi annui. Questi sono i numeri ufficiali emessi dalla Ragioneria Generale del Tesoro. Fare voli pindarici su una categoria a cui si manaccia di eliminare pure l’unica forma di carriera, quali sono gli scatti professionali automatici, è un’operazione no sense.
“Perché si continuano a creare aspettative inattuabili – continua il sindacalista Anief-Cisal – parlando di 3mila euro netti al mese, ma poi proponendone, se va bene, 85 lordi? Anziché sparare cifre impossibili, si prodigi almeno per raggiungere il recupero dell’inflazione indicizzata, prendendo come base di partenza il mese di settembre 2015, come ha stabilito due anni fa la Corte Costituzionale. Per superare il blocco stipendiale che perdura dal 2008, il Governo deve mettere a disposizione, come media, almeno 210 euro a dipendente: 105 per l’adeguamento dell’indennità di vacanza contrattuale, più la stessa cifra per l’aumento vero e proprio. Invece, a oggi, possiamo contare solo sulla sicura copertura di 36 euro lordi medi a dipendente pubblico. Senza avere nemmeno il recupero degli ultimi quattro mesi del 2015 indicati dalla Consulta”.
Per questi motivi, Anief ha messo a disposizione dei lavoratori i modelli di diffida per il recupero totale degli arretrati, attraverso lo sblocco dell’Indennità di vacanza contrattuale da assegnare per legge. L’obiettivo è presentare ricorso, sia per i dipendenti della Scuola, sia per i lavoratori della Pubblica Amministrazione.

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