A poco più di due anni dall’approvazione della riforma sulla scuola, voluta dall’ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, i risultati sono impietosi e testimoniano il significato delle numerose battaglie condotte per evitare che quella riforma, denominata inopportunamente ‘Buona Scuola’, potesse diventare legge.
Scuola, ecco i numeri dell’anno scolastico 2017/8 che decretano il fallimento della Buona Scuola Renzi
Come riportato dalla nota del sindacato Anief, la relazione, presentata alla VII Commissione della Camera, sul Rendiconto generale dello Stato approvato dal Senato e del disegno di legge di assestamento di bilancio 2017, secondo i dati certificati dall’organismo nazionale deputato al controllo sulla gestione delle risorse pubbliche, sancisce la débâcle della Legge 107/2015: nell’a. s. 2016/17 sono saliti a 88.045 i docenti inseriti nella Graduatorie ad Esaurimento; nuovo record per supplenze annuali e al termine delle attività didattiche, con 125.832 contratti stipulati; 400 nuove procedure per le suppletive al concorso; cancellate altre 102 scuole autonome; bonus merito soltanto a 2.487 insegnanti; valutazione esterna riservata al 5% delle scuole dall’Invalsi; soltanto 3.438 posti in deroga per gli amministrativi, tecnici e ausiliari, nonostante i tagli della Legge di Stabilità 2015.
Anief: ‘Si chiude il cerchio sulla riforma più contestata della storia delle Repubblica italiana’
Il presidente dell‘Anief, Marcello Pacifico, ha duramente commentato questi numeri: ‘È sempre più evidente che della Buona Scuola presentata nel 2014 dall’allora premier Matteo Renzi è rimasto solo il nome: il Rendiconto generale dello Stato approvato dal Senato e del disegno di legge di assestamento di bilancio 2017, basato su dati della Corte dei Conti, chiude il cerchio sulla riforma più contestata della storia delle Repubblica italiana, con tre docenti su quattro palesemente contro la sua attuazione e approvata contro il volere di tutti. Noi lo avevamo detto in tempi non sospetti: la Legge 107 del 2015 va cancellata. Poiché il Governo non ne ha voluto sapere, abbiamo cercato di limitarne i danni, proponendo in Parlamento diverse modifiche. Ma anche in questo caso l’Esecutivo, nel frattempo con a capo l’attuale premier Paolo Gentiloni, ha continuato a tirare dritto. Ora, però – ha proseguito Pacifico – i nodi stanno venendo tutti al pettine. Con lo Stato che rischia di pagare a caro prezzo quelle ingerenze, sotto forma di un servizio formativo pubblico danneggiato e attraverso ingenti risarcimenti ai tanti dipendenti della scuola trattati come ‘pedine’: quelli di ruolo sbattuti a centinaia di chilometri da casa, pur in presenza di posti liberi vicino la loro residenza ma non collocabili perché tenuti furbescamente in organico di fatto; i precari abilitati e con tre anni di anzianità lasciati nelle graduatorie d’istituto senza possibilità di essere stabilizzati, pur in presenza di posti liberi da assegnare; la chiamata diretta rivelatasi un flop, con i dirigenti scolastici che l’hanno ripudiata: una nuova formazione che per decine di migliaia di docenti è un remake di quella già svolta. Ci fermiamo, ma la lista potrebbe essere molto più lunga. Rimangono tanto amaro in bocca e le tantissime sentenze che hanno dato e stanno continuando a dare ragione ai ricorrenti contro una riforma che non si doveva fare’.