Alternanza scuola-lavoro: i pro e i contro della riforma

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L’alternanza scuola lavoro è stata introdotta dalla legge 107, la buona scuola. A seguito di questa introduzione, l’università di Urbino ha condotto una ricerca evidenziandone le criticità e le potenzialità. Dallo studio si evince che manca un organizzazione a medio lungo termine e che tra le regioni italiane c’è una notevole disomogeneità.

Alternanza scuola lavoro: come migliorare?

“L’errore – afferma Giannelli, il ricercatore dell’università di Urbino – è pensare che l’alternanza sia una cosa sola, quando invece ha assunto 100 volti differenti che cambiano in base alla scuola, al numero di imprese sul territorio, dalla presenza di enti pubblici disposti a collaborare e dalla volontà dei docenti di coordinare i progetti”. I nodi da sciogliere sono: l’obbligatorietà della partecipazione, l’imposizione di numero di ore da rispettare e la mancanza di una guida da parte del Ministero dell’Istruzione. Detto in altre parole, il Ministero ha fatto la riforma ma non ha dato suggerimenti utili o aiuti concreti alle scuole. Va sottolineato che non si è fatta nessuna distinzione tra gli istituti professionali e i licei. Per le scuole tecniche l’alternanza non è una novità: qui la possibilità di svolgere un percorso formativo in azienda esisteva già dal 2003. Un lasso di tempo grazie al quale sono riuscite a costruire un bagaglio di esperienze e una rete di contatti utili a inserire gli studenti nelle aziende.

La differenza sostanziale rispetto al 2003 è che al tempo l’adesione degli studenti era volontaria e il numero di ore previste era inferiore. Oggi, invece, si è passati da progetti di 120-160 ore in due anni, a percorsi obbligatori per tutti gli studenti che durano 400 ore negli istituti e 200 ore nei licei. Per i licei, invece, l’alternanza è un mondo completamente nuovo.”

La difficoltà dei licei

I problemi sono tanti e diversi: bisogna trovare le aziende disposte a ospitare i giovani e all’interno delle scuole si contano sulle dita della mano i docenti disposti a gestire i progetti di centinai di studenti. “Per le scuole – spiega Giannelli – è difficile organizzare e controllare che i progetti formativi siano di qualità e che si svolgano secondo gli accordi previsti”.
La ‘doppia obbligatorietà’ è un altro elemento critico. Da un lato quella che abolisce la volontarietà degli studenti all’adesione, dall’altro quella che istituisce la soglia minima di ore per completare i percorsi. “Sono scelte che hanno comportato enormi distorsioni e resistenze nelle scuole, tra insegnanti e famiglie ancor prima che tra gli studenti”. Il motivo è semplice: le ore sono troppe e durante l’anno non si riesce a completare il pacchetto previsto. Per ovviare al problema molte scuole hanno deciso di spalmare gli stage anche nei mesi estivi.

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