Tanti NO allo Sciopero del 27 Ottobre 2017 – Nonostante i soprusi e le lamentele vantate dalla maggior parte degli insegnanti, la loro prevedibile reazione lascia paradossalmente il posto alla rassegnazione e al silenzio più assordante. Oramai gli scioperi veri (come quello del 5 maggio 2015) rimangono nella nostra memoria solamente un lontano ricordo. In quel periodo tutti protestavano, anche coloro i quali per solidarietà si sentivano intoccabili. Adesso, molti di questi si sono accorti di cosa realmente li attendeva nei due anni a venire.

Un treno in corsa che ha portato squilibri e iniquità nel mondo della scuola

Tuttavia, ancora c’è qualcuno che trova persino il ‘coraggio’ di scorrazzare per tutta l’Italia su un treno, raccontando le solite promesse e vantando financo il suo personale impegno profuso nei confronti della quantità di denari investiti nel mondo della scuola. Quel qualcuno ha vissuto di allori (per quel 42% delle politiche europee) ma che di fatto ha creato squilibri, iniquità e tanta sofferenza tra gli operatori della scuola.

Gli insegnanti e lo sciopero: “Aspettiamo con ansia solo il 23 di ogni mese”

Le aspettative dei tanti lavoratori scolastici (aumento contrattuale ed altro) si sono inesorabilmente ridotte alla fatidica data del 23 di ogni mese. Nonostante lo stipendio dei politici cresca con lo stesso ritmo di una locomotiva in corsa, quello degli insegnanti è rimasto indietro e fermo a quasi dieci anni fa. Ma allora, cosa fanno questi solerti e instancabili lavoratori nel momento in cui viene indetto uno sciopero? Nulla. Il silenzio assoluto. La pace dei sensi. La frustrazione viene ancora una volta repressa in luogo della necessità e del bisogno: il mutuo, la rata universitaria del figlio, le spese quotidiane vengono messe al primo posto rispetto al trattamento che viene riservato loro. Le cause, purtroppo, spesso non sono riconducibili solo a queste motivazioni ma vanno oltre. C’è, per esempio, chi vive nella più stagnante delle rassegnazioni. Molti hanno quell’innato senso di colpevolezza che li attanaglia fino ad umiliarli. C’è invece chi vive costantemente della paura di protestare pubblicamente, preferendo a quest’ultima la volontà di tenere un comportamento istituzionale corretto. Gli atteggiamenti contrastivi non vanno più di moda e chi manifesta tale comportamento, sovente, viene isolato ed etichettato dal folto gruppo dei docenti ‘corretti’.

Docenti Krumiri in forte aumento: “la scuola deve iniziare a protestare, dal basso”

A dirla tutta, questa tipologia di lavoratori della scuola (definiti Krumiri) oggi prevale rispetto a coloro che credono nella propria dignità personale oltre che di lavoratore. Pochi docenti, in effetti, trovano oggi il coraggio di esprimere il loro dissenso contro l’attuale politica scolastica, soprattutto ogni qualvolta si presenti l’occasione. A tal proposito, dalle prime impressioni di queste ore, le adesioni allo sciopero del 27 ottobre 2017 indetto dalle sigle sindacali USI-AIT (Unione Sindacale Italiana Educazione), Cub Scuola Università e Ricerca, CUB (Confederazione Unitaria di Base), SGB (Sindacato Generale di Base), SI-COBAS (Sindacato Intercategoriale Cobas) e SLAI-COBAS (Sindacato Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale) si conteranno tra le dita di una mano. I fogli firma che da stamattina sono presenti in molte aule docenti mostrano inesorabilmente una situazione estremamente incoerente e grave: molti insegnanti, infatti, hanno firmato la presa visione della circolare, ma accanto a tali firme campeggiano molti “NO” (qualcuno anche a caratteri cubitali), a conferma di quanto appena raccontato.

Il problema sindacale nella scuola: troppe sigle indeboliscono la protesta

Capire i motivi di questa situazione risulta estremamente facile. Risulta altrettanto intuitivo capire che l’eccessiva frantumazione delle (innumerevoli) sigle sindacali non ha fatto altro che indebolire di molto l’azione di protesta degli stessi lavoratori della scuola pubblica italiana. Questi ultimi, sono sempre più trattati dagli stessi sindacati come delle semplici deleghe (moneta sonante), cifre e numeri spesso necessari solo per far crescere il loro potere contrattuale oltre che economico, ma che nulla hanno a che vedere con l’autentica tutela e salvaguardia di ogni singolo lavoratore, così come ampiamente sbandierato da molti sindacalisti.