La docente che insulta le forze dell'ordine

Se auguri la morte ad un tuo collega dovresti essere rimosso dal tuo posto di lavoro? E’ questo il quesito che ci si potrebbe porre dopo le immagini della “presunta” insegnante che ha augurato al morte alle forze dell’ordine. Questo è ciò che è accaduto durante una manifestazione della destra estrema a Torino, nei giorni scorsi.

Le forze dell’ordine e i docenti sono dipendenti statali

Una docente che insulta un carabiniere in servizio sta semplicemente inveendo contro un suo collega. Insulta e inveisce contro chi, come lei, è al servizio del paese. Se poi le mansioni sono differenti poco importa. In un paese in cui si sta perdendo il controllo di tutto. In cui non si distinguono più i buoni dai cattivi, ritrovarsi davanti questo episodio provoca ancora più confusione. Confusione nelle generazioni future, innanzitutto. Nei nostri figli. Che esempio può dare una scena del genere agli occhi di un bambino? Gli alunni di questa pseudo docente cosa avranno pensato vedendo la loro insegnante in tv? “Mamma, guarda, quella lì è la mia maestra!”. “Chi tesoro?”. “Quella che urla ai poliziotti: vigliacchi, mi fate schifo, dovete morire”. La stessa insegnante che, intervenuta ai microfoni di Matrix, sostiene di essere nel giusto: “Sì, è triste augurare la morte a un poliziotto ma non ho sbagliato. Io mi potrei trovare con il fucile in mano a lottare contro questi individui”.

Educare i nostri figli ad una guerra di classe

Secondo le sue parole, quindi, bisogna prepararsi ad una guerra civile. Una guerra in cui saremo gli uni contro gli altri (come la guerra tra docenti). Una guerra in cui i “poliziotti fascisti” saranno armati contro gli “insegnanti comunisti”. E se queste due figure si trovassero all’interno della stessa famiglia? Se una coppia di genitori fosse composta da un padre poliziotto e da una madre insegnante? Secondo questo impiegato statale da che parte dovrebbero stare i figli di questa coppia?
E’ normale che, davanti a questo episodio, il pensiero comune sia spaccato. Nella maggior parte dei casi, naturalmente, influenzato dal proprio credo politico. C’è chi condanna apertamente la protagonista e chi, invece, sostiene che bisogna scindere la sua professione da ciò che fa fuori gli orari di lavoro. Non spetta al comune cittadino condannare o scagionare legalmente questa insegnante. E le stesse parole di questo articolo, seppur esprimano un proprio pensiero, apertamente schierato nei confronti di una condanna, restano pur sempre semplici parole per esprimere un parere sull’accaduto.

La parola alle autorità competenti

Ma è anche normale che, a questo punto, le amministrazioni e le autorità competenti si muovano per fare chiarezza sulla situazione. E, soprattutto, per decidere se prendere provvedimenti oppure no nei confronti della diretta interessata. Di sicuro non è un episodio che potrà passare inosservato. Dobbiamo ricordare che la figura dell’insegnante, come anche quella del poliziotto, è una figura lavorativa particolare. Oltre a ideali di professionalità occorre possedere anche valori morali. E questo episodio non si potrà sicuramente concludere con un “fuori dall’orario di lavoro può fare ciò che vuole”. La parola, adesso, spetterà, a chi di dovere e i commenti sui social network e sulle emittenti televisive resteranno semplici commenti di chi vive in un paese in cui c’è libertà di parola.