diretta Azzolina
diretta Azzolina

L’ On.Lucia Azzolina ha tenuto ieri il suo primo discorso in aula in qualità di membro della VII Commissione istruzione presso la Camera dei Deputati. L’intervento di fine seduta ha avuto come oggetto l’alternanza scuola/lavoro, anche alla luce del grave incidente di Prato che ha visto coinvolto uno studente di 17 anni. Ricordiamo come il ragazzo si sia ferito alla mano sinistra mentre lavorava ad un macchinario, circostanza che gli ha causato l’amputazione della falange dell’ anulare. Di seguito il video dell’intervento di Lucia Azzolina.

14 GIUGNO 2018 INTERVENTO DI FINE SEDUTA – AZZOLINA – VII ISTRUZIONE – INCIDENTE PRATO – IN SCUOLA/LAVORO

Signor Presidente della Camera e onorevoli colleghi e colleghe mi piacerebbe rendervi partecipi di quanto accaduto ad un ragazzo di 17 anni, giorno 13 giugno, rimasto ferito ad una mano e che ha perso una falange in alternanza scuola-lavoro. Questo studente è iscritto ad un istituto tecnico di Pistoia, si trovava in un’officina meccanica in provincia di Prato, ed è rimasto coinvolto in un infortunio sul lavoro usando un trapano che gli ha tranciato un dito.

La scuola è da intendere per tutti noi come luogo non solo di formazione d’eccellenza del cittadino, luogo che conseguentemente ha la funzione di sviluppo del nostro Paese, ma anche di sicurezza.

Non possiamo certo pensare né accettare che i nostri studenti e figli possano andare a scuola e rischiare di perdere una parte di se stessi.

Vero è che i percorsi di Alternanza scuola-lavoro prevedono obbligatoriamente una formazione generale in materia di “ Salute e Sicurezza sui luoghi di Lavoro” ai sensi del D. Lgs n. 81/08, ma evidentemente nel caso de quo questo non è stato sufficiente.

Il progetto di alternanza scuola lavoro, ex. art. 1, commi 33-44 della Legge sulla Buona Scuola, dovrebbe essere un percorso didattico alternativo e mettere i ragazzi in situazioni pericolose o in condizioni di sostituzione di mano d’opera non fa che accentuare una formazione basata sullo sfruttamento e la precarietà.

Le regole dovrebbero essere rispettate scrupolosamente e ci dovrebbe essere sempre qualcuno che segue i ragazzi soprattutto quando si tratta di lavori “potenzialmente rischiosi”. Purtroppo sono molti in Italia i casi in cui invece che formare i ragazzi, si finisce per lasciarli soli a lavorare senza indicazioni e senza una supervisione.

Abbiamo inoltre studenti costretti a pagare le trasferte di tasca propria, a seguire attività avulse dall’indirizzo scolastico frequentato e a tralasciare per diverse ore lo studio delle discipline di insegnamento settimanali. La Buona scuola ha introdotto un obbligo di 200 ore di attività di alternanza per i liceali e 400 ore per gli studenti iscritti nei percorsi tecnici e professionali da completare nell’arco dell’ultimo triennio di studi.

In alcune regioni il rapporto tra il tessuto produttivo del territorio e la mole degli studenti da collocare in alternanza scuola/lavoro è inversamente proporzionale. Questo fa sì che su un monitoraggio su 15mila liceali di nove Regioni oltre la metà dice di partecipare a percorsi non inerenti ai propri studi e 4 su 10 ammettono di non essere messi nelle condizioni di studiare. Il 57% degli studenti confessa che l’alternanza scuola/lavoro così come pensata e voluta dalla Legge 107/2015 non funziona.

L’alternanza scuola/lavoro va pertanto sicuramente rivisitata e non deve essere obbligatoria perché la riuscita o meno della medesima dipende dai territori nei quali si esplica, non si può passare da storie d’eccellenza a storie di sfruttamento degli studenti.

È già inaccettabile e vergognoso piangere i morti sul lavoro, non sono disposta a piangere anche gli infortuni sul lavoro dei nostri studenti, del nostro futuro.

La scuola deve formare l’animo dei giovani e non distruggerne i corpi.

Concludo con queste parole “Costa meno caro aiutare un giovane a costruirsi che aiutare un adulto a ripararsi”. Purtroppo nella storia raccontata oggi la scuola ha sottratto al giovane una parte importante di sé, non l’ha aiutato a costruirsi. È ora di dire basta.