Di contro, non recupera quella dei politici, direbbe qualcuno. Dopo le polemiche scoppiate nei giorni scorsi tra i diplomati magistrale e gli esponenti politici di maggioranza sul Decreto Dignità, poche ore fa il Presidente della VII Commissione Cultura del Senato, sen. Mario Pittoni, esterna le sue personali opinioni sul Decreto Dignità.
Pittoni sul Decreto Dignità: “Cari diplomati magistrale, attenzione a non rovesciare la realtà!”
Ecco cosa ha esternato il responsabile Istruzione della Lega e attuale presidente della Commissione Cultura in Senato: “Attenzione a non rovesciare la realtà! – dice Pittoni – Il decreto Dignità non lascia a casa affatto le maestre“. Secondo il senatore leghista, infatti, il guaio deriva da molto lontano, ovvero dalla sentenza del Consiglio di Stato. Quella decisione, purtroppo, aveva condannato (per sempre) i Diplomati Magistrale a scendere di colpo nei gironi infernali.
La decisione di questo governo, invece, ha trasferito per almeno un anno i ‘quasi dannati’ nel ‘limbo’.
Ma prosegue Pittoni con le sue precisazioni: “… Al contrario noi abbiamo teso loro la mano, da una parte con un contratto a tempo determinato con scadenza al 30 giugno 2019 che intanto consente di lavorare; dall’altra mettendo in piedi un concorso straordinario che rimetterà buona parte di loro in carreggiata per puntare al ruolo vero, stavolta senza riserve”.
C’è qualcosa che non torna ai Diplomati magistrale
Una sintesi perfetta, chiara e a tratti giustificata. Permane però una questione ancora non del tutto chiara per molti elettori/insegnanti: gli intenti politici vigorosi dimostrati anche in campagna elettorale da Salvini e Di Maio, volti al cambiamento totale del sistema Italia, si stanno concretizzando appieno. Di fatto, in molti settori sta palesandosi quel cambio di rotta annunciato con lo sgretolamento di tante riforme tutt’ora in atto (vedasi per esempio la riforma delle Pensioni o la questione dell’accoglienza degli extra comunitari). Nel caso della scuola però, non ha avuto corso, con lo stesso vigore, nulla di quello che era stato annunciato o che in silenzio sembrava annunciarsi dagli esponenti politici del governo giallo verde. Anzi, per dirla tutta, il sistema scuola per gli esponenti politici di maggioranza può rimanere com’è. Insomma, in questo caso, sembrerebbe quasi che i politici abbiano dimenticato quali siano le loro prerogative. Non vogliono affatto fare i politici con la “P” maiuscola, neanche nelle intenzioni.
Si sono uniformati semplicemente ad una sentenza di un importante organo di giustizia. Diciamola tutta, questa è la verità. Gli elettori, di contro, hanno plebiscitariamente espresso un voto favorevole verso le forze politiche del cambiamento, appunto per cambiare quella decisione fuoriuscita da quella sentenza. Nei momenti di difficoltà, si sa, ci si affida ai predecessori e a volte anche alle decisioni che accontentano qualcuno a danno di altri.
Insomma, per molti diplomati magistrali (o quasi tutti) la decisione intrapresa da questo governo coinciderebbe in buona sostanza con quella che avrebbe preso Ponzio Pilato.
Caro Senatore Pittoni, le facciamo notare che la politica e i suoi rappresentanti hanno il dovere oltre che il compito di legiferare per il bene della collettività; la giustizia invece ha il dovere di giudicare se la legge viene rispettata o meno. In questo caso specifico, le prerogative spettanti a voi legislatori non sono state prese in considerazione.
Sarebbe stata necessaria una cura definitiva e non certo una fantomatica cura palliativa.
Ecco le ulteriori dichiarazioni di Pittoni. “Rimaniamo dell’idea che le frittate riuscite male non conviene più rigirarle in padella…”
“Si tratta sostanzialmente – spiega Pittoni – della proposta che avevo lanciato lo scorso dicembre, subito dopo la decisione a sfavore di tali docenti dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato: l’estensione cioè dell’idea contenuta nell’art. 17 commi 2 e 3 del decreto legislativo 59/2017 anche a scuola primaria e dell’infanzia, adattandola alle diverse caratteristiche di tali categorie. In particolare chi era in ruolo con riserva avrà l’occasione di utilizzare un punteggio speciale assegnato per il superamento dell’anno di prova. Ribaltano totalmente i fatti alcuni slogan degli “estremisti” che chiedono di ignorare le sentenze della magistratura (cosa ovviamente non praticabile), i quali parlano di 7 mila licenziamenti attuati dalla politica, visto che l’esclusione delle “maestre” è stata decisa dalla magistratura. Quello che stiamo cercando di fare è invece il recupero nei limiti del possibile (si potrà partecipare al concorso con almeno due anni di insegnamento nella scuola pubblica, onde limitare il prevedibile assalto alla diligenza che penalizzerebbe in primo luogo proprio coloro ai quali il concorso è rivolto) della loro professionalità”.