Marco Bussetti e le sue dichiarazioni. A mio parere, troppe! Le ultime rivelano la sua idea di scuola. Molto vicina a quella del “libro cuore”
Marco Bussetti, le interviste del Ministro
Ha dichiarato recentemente il Ministro Marco Bussetti:
“Per abbattere il problema dispersione vorrei portare nella scuola pubblica l’esperienza che ho vissuto io stesso: insegnanti volontari che si ritrovano in centri in alcune aree più complesse, dove ragazzi chiedono aiuto per recuperare in alcune discipline scolastiche, lacune che spesso partono da una difficoltà psicologica, di fragilità emotiva” Ancora ” “Conto di trasmettere una parola che da tempo non si usa: amore per la scuola, per l’impegno, per rimotivare tutti a far meglio; a poco a poco interverremo per soddisfare i bisogni che la scuola ha”
L’annuncite del Ministro
Ho l’impressione, innanzi tutto, che il Ministro Marco Bussetti stia parlando troppo! In altri termini, sia entrato nel meccanismo perverso dell’annuncite, caratterizzato da un volontariato e sentimentalismo che poco hanno a che fare con la scuola. In altri termini, torna ad affermarsi il profilo da ” libro cuore”, caratterizzato da impegni generici. Quest’ultimi rimandano a dichiarazioni quali “Ridare dignità al lavoro dell’insegnante”, “rivalutare gli insegnanti” , “rimettere al centro gli insegnanti”, “valorizzare il lavoro dei docenti”. Queste belle espressioni, prese in prestito da qualche libro di pedagogia, diventano, se rapportate al nostro contesto lavorativo, irritanti e fuori luogo. Eppure, dovrebbero scaldarci il cuore, trasmetterci tante sensazioni positive… Purtroppo non è cosi!!! L’ultima “bruciante delusione” è rappresentata dall’ultimo contratto, dove gli annunci di un adeguato stipendio hanno prodotto il topolino: 40-50€ medi netti di aumento dopo dieci anni!
La responsabilità è anche degli insegnanti
Le dichiarazioni del Ministro, però, che presentano un profilo “leggero” dell’insegnante sono implicitamente sponsorizzate da noi docenti. Abbiamo normalizzato la gratuità, lo spenderci oltre il dovuto la norma. Tanti miei colleghi continuano a svolgere attività extracurricolari, rimettendoci di tasca propria e spendendo energie mentali e nervose. Per cosa? Un elogio, un apprezzamento!!! Nessun professionista accetterebbe una situazione del genere!
Il governo e l’Amministrazione si sono furbescamente adeguati, compensando il vuoto economico con apprezzamenti da fuochi d’artificio, (” Gli insegnanti sono degli eroi”) che però confermano l’identità di un lavoro scarsamente considerato. Anzi dirò di più: il nostro profilo sta scivolando dal “ lavori poco, ti pago poco” al “lavori tanto, ti pago meno”.
Ministro, si ricordi del burnout
Innanzi tutto suggerisco al Ministro Marco Bussetti un metodo: parli dopo aver fatto!
Più precisamente, le azioni dovrebbero essere condizionate dal criterio della “cura”, dell’attenzione al ben-essere del personale scolastico e degli studenti. Il primo si favorisce creando le condizioni per arginare il fenomeno del burnout, sempre più diffuso tra i docenti. Come scrive L. Rovelli: “La scuola, oggi più che mai, è legata al triste fenomeno del ‘burnout‘, termine inglese che oramai gli insegnanti hanno imparato da anni, soprattutto perché riguarda troppo da vicino la professione dell’insegnare.”
Le classi pollaio favoriscono il burnout
La sindrome del burnout è favorita quando si lavora anche in classi pollaio, modello organizzativo poco attento ai bisogni degli alunni e studenti. Quindi invito il Ministro a provvedere alla loro abrogazione. Del resto fa parte del contratto di governo e prima ancora è stato un impegno pre-elettorale del M5S. Su questa tematica ricevo pessimi segnali: il Ministro ne parla poco! Quando lo ha fatto la questione l’ha liquidata (audizione 1 agosto), imputando il fenomeno alle eccessive richieste dei genitori, accolte dalla scuola.
La posizione del Ministro conferma il sospetto dell’On Simona Flavia Malpezzi, quando afferma che il M5S si è eclissato sul fronte scolastico.
L’eccessiva permanenza nelle aule
Per chi entra tutti i giorni in aula, conosce benissimo la tensione che affianca la propria azione didattica. Questa è sempre “contagiata” da altri aspetti indiretti, ma ugualmente importanti: la cura della relazione costituita spesso da comunicazioni non verbali e che risultano in molti casi decisiva e propedeutica a un apprendimento significativo; la presenza di aspetti giuridici con risvolti civili e penali ( allergie, consegna in uscita dell’alunno a persone autorizzate…). A questi aggiungiamo il livello acustico che gli alunni e gli studenti tengono sempre oltre la soglia di accettabilità.
Tutto questo grava sull’insegnante e in particolare sulla sua sfera psico-nervosa, che oggettivamente è più debole con l’avanzare dell’età anagrafica e con l’aumento degli anni di servizio.
Da qui la necessità di differenziare la funzione docente, superando l’idea storicamente codificata che la professione dell’insegnante si identifica solo con il lavoro diretto con i ragazzi.
Le alternative all’insegnamento già esistono. Penso all’Animatore digitale, al Referente Cyberbullismo, al tecnico di laboratorio informatico, al responsabile dei progetti Pon, al responsabile della biblioteca con funzioni anche di promotore all’educazione alla lettura, al tutor dei neo-assunti, al formatore…
Impegni costosi, ma necessari
Sono tutti impegni costosi, ma necessari per migliorare la qualità del sistema formativo. Su questo fronte gradirei vedere l’impegno del Ministro. Diversamente si riceve l’impressione che egli preferisca parlare di sentimenti e volontariato che solitamente sono a costo costo zero, sapendo che le altre questioni sono impraticabili per incompatibilità economiche.