No classe pollaio, la sentenza vs la decisione del Dirigente

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No classe pollaio, arriva una nuova sentenza del T.A.R. della Toscana (12 settembre 2018). Conferma la stortura pedagogica delle classi pollaio, rispetto alla nostra Costituzione. La sentenza annulla la decisione del Dirigente Scolastico.

No alla classe pollaio la supplenza pedagogica della magistratura

No classe pollaio. L’ultima sentenza (settembre 2018)  contro il virus delle classi pollaio, “dimenticato” nel Def 2019-21.  Il caso conferma il ruolo di supplenza pedagogica della magistratura amministrativa. La situazione preoccupa, in quanto riflette l’arretramento della scuola dal versante pedagogico. Da qui l’interrogativo: Quale missione rappresenta oggi la scuola? Ha ancora senso parlare di formazione? Di un ambiente significativo d’apprendimento?
Ma procediamo. Cosa si legge nella sentenza  che ribadisce il “No alla classe pollaio”?
E’ ribadito, innanzi tutto,  il diritto superiore alla formazione  del minore. Il suo fondamento risiede nella Costituzione, la quale non fa dipendere la realizzazione sostanziale di questo diritto dalle compatibilità economiche.  Inoltre esso deve essere “ascoltato” e attuato in un contesto scolastico, ambiente favorevole all’integrazione.
La magistratura amministrativa,  ha confermato, inoltre, l’orientamento della Corte Costituzionale che con sentenza 80/2010  ha ribadito che ogni persona, soprattutto quella  diversamente abile è portatore di “nucleo indefettibile di garanzie” non trattabile.

La sentenza annulla la decisione del Dirigente Scolastico

Qui non vorrei ripetermi. Pertanto apro una riflessione su un aspetto poco trattato. La magistratura amministrativa ha emesso una sentenza di “No classe pollaio” che analizza e annulla la decisione non del Miur o dell’Usr, bensì del Dirigente Scolastico, nella parte in cui si legge ““la futura classe prima della Scuola Prima di -OMISSIS-, per l’a.s. 2018/2019, in cui verrà inserita l’alunna -OMISSIS-, sara’ composta da 25 alunni di cui due in situazione di gravità ai sensi della L. 104/192 art. 3, comma 3.” Al centro di tutto il pronunciamento dei giudici si trova il provvedimento del Capo d’Istituto che a parere della magistratura amministrativa  difetta di un’adeguata motivazione per superare gli standard previsti dall’O,M. 81/09 (20 studenti nella classe che accoglie un diversamente abile) e la quota eccedente del 10%.
I magistrati concludono affermando che ” La violazione delle due previsioni sopra richiamate non è poi neutralizzata dallo “sdoppiamento” della classe derivante dall’attribuzione di un docente di “potenziamento”; come evidenziato dallo stesso rapporto depositato in giudizio in data 7 settembre 2018; il detto “sdoppiamento” riguarda, infatti, solo 22 ore su 27 e non risulta quindi caratterizzato da quelle esigenze organiche di equilibrio nella composizione delle classi che sono alla base delle previsioni di cui al d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81, che risultano violate nella fattispecie e che devono essere rispettate nella formazione delle classi.”
Quindi un provvedimento del D.S. carente di aspetti importanti.

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