La dispersione delle intelligenze nelle classi pollaio

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La dispersione delle intelligenze è il problema delle classi pollaio. Qualcuno fa finta di non vedere il problema. Però, chi lavora in classe rileva la stortura rispetto al dettato costituzionale che nel tempo conduce all’abbandono.

L’approccio superficiale alla dispersione 

La dispersione delle intelligenze è l’aspetto non adeguatamente considerato, quando si tratta delle classi-pollaio. Il conseguente danno formativo non è messo in risalto. Si rimane nel generico, in superficie.
L’ultimo esempio è rappresentato dalla premessa alla Proposta di legge, presentata il 5 luglio 2018, finalizzata al superamento dell”obbrobrio pedagogico delle classi-pollaio. Si legge:” All’avvio di ogni anno scolastico puntualmente si ripropongono assurde situazioni di disagio, con oltre trenta alunni stipati in ambienti troppo piccoli e non a norma, all’interno di edifici fatiscenti e spesso privi delle necessarie certificazioni di agibilità. I genitori e gli studenti denunciano gli episodi, gli organi di informazione dedicano ampio spazio all’emergenza del sovraffollamento e puntualmente i rappresentanti delle istituzioni dichiarano di volersi impegnare per risolvere il problema.
Linea confermata dal contratto di governo nel capitolo 22 dedicato alla scuola. Qui l’inclusione diviene la condizione necessaria per contenere la dispersione scolastica, intesa quest’ultima come abbandono degli studi. Punto.

La dispersione delle intelligenze è il vero problema delle classi pollaio 

Il mix devastante delle classi pollaio e dell’assenza delle compresenze, provvedimenti voluti dal duo Gelmini-Tremonti (2008), porta alla dispersione delle intelligenze e in prospettiva all’abbandono. Mi spiego. L’affollamento delle classi annulla le differenze; quindi uno dei capisaldi di una scuola realmente inclusiva. Il risultato sideralmente lontano dalla Costituzione ( art. 3 comma 2, e art. 34 ) è il prodotto di una impossibilità a personalizzare percorsi formativi, attraverso la costituzione di gruppi di livello o di interesse. Regna l’uniformità che annulla le differenze, ponendosi agli antipodi del principio costituzionale, che caratterizzava la Legge 820/71 e la 517/77. Mi riferisco alla  prospettiva di una “scuola di tutti, ma per ogni studente”.

Chi sono le vittime di questo disastro?

In queste realtà dove domina la compressione degli studenti, chi sono le vittime designate? Ovviamente, gli studenti! Ma occorre articolare meglio la risposta. Sono “sacrificati” sull’altare dell’ottimizzazione delle risorse ( mantra del finanzcapitalismo) gli alunni e gli studenti eccellenti e quelli che registrano incertezze. Questi ultimi sono etichettati con gli acronimi di Bes e Dsa che portano a certificazioni inutili. Ovviamente mi riferisco a un sacrificio quasi impalpabile, non riscontrabile immediatamente, che coinvolge le loro intelligenze. E non solo!
In riferimento a questo disastro formativo risulta molto esile il freddo ragionamento di chi considera le classi pollaio quelle che prevedono un numero superiore ai 30 alunni/studenti.

Difficile lavorare con questa legna

Ha dichiarato recentemente il Ministro Bussetti:”Non chiederemo più soldi, non è detto che per migliorare servano più finanziamenti: la scuola deve diventare efficiente con quello che ha. Come diceva mia nonna: ci si scalda con la legna che si ha.”
Difficile lavorare, Ministro Bussetti con questa legna bagnata (=classi pollaio) e quindi inservibile a fare  fuoco, cioè a produrre risultati significativi e importanti per la formazione. A questo aggiungo che l’intervista trasmette la sensazione di un Ministro timoroso a chiedere risorse aggiuntive (quindi non risparmi), che nel caso delle classi pollaio sono quantificabili  “a 338.500.000 euro per l’anno 2019, a 1.180.000.000 di euro per l’anno 2020, a 1.715.100.000 euro per l’anno 2021 e a 2.130.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2022” ( art.1 comma 2 , Proposta di legge).
Quindi ministri poco energici a far valere le ragioni della formazione! Si ripete, quindi,  la stessa sceneggiatura che attribuisce all’istruzione un ruolo secondario. Altro che governo del cambiamento!

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