Lettera a Mattarella inviata da studenti e ricercatori Sapienza
Lettera a Mattarella inviata da studenti e ricercatori Sapienza

Riceviamo in redazione una lettera inviata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dagli studenti e dai ricercatori determinati Sapienza, datata 10 dicembre 2018. Il gruppo ha protestato contro la scarsa attenzione prestata dal Governo all’Università e alla Ricerca. A inviarcela è stata la FLC CGIL Roma e Lazio.

La lettera     

Lettera a Mattarella inviata da studenti e ricercatori Sapienza:

“Egregio Signor Presidente,

Chi Le scrive è un gruppo di ricercatori, dottorandi e studenti universitari che la scorsa settimana, nel corso di una mobilitazione svoltasi in tutte le università italiane, ha occupato simbolicamente l’aula del Senato Accademico di Sapienza. Con questa azione abbiamo inteso protestare contro la scarsa attenzione prestata dal Governo all’Università e alla Ricerca.

Pochi giorni fa, nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico all’Università degli Studi di Torino, Lei ha affermato che “non vi è libertà piena in un Paese se non vi è libertà di cercare di ottenere più conoscenza e nuovi traguardi della conoscenza. Non vi è libertà piena per nessuno se non vi è una piena libertà di acquisire conoscenze. Questo è anzitutto il ruolo delle università.”

Non potremmo essere più d’accordo: compito delle università è quello di formare cittadini dotati di spirito critico, cittadini in grado di “essere protagonisti nella società, nella comunità in cui si vive e si opera”. Come Lei ha affermato, “essere attivamente protagonisti della vita comune è un ingrediente indispensabile per la nostra democrazia”.

Ed è di questo che vogliamo parlarLe. Oggi il ruolo dell’Università come faro della vita democratica del nostro paese è in grave pericolo. Da anni nei nostri atenei, infatti, la libertà di acquisire conoscenze viene messa a rischio dalla precarietà a cui sono condannati decine di migliaia di ricercatori.

Gli ultimi dati raccolti parlano chiaro: più del 58% del personale universitario è costituito da precari che, con contratti che vanno da pochi mesi ad un massimo di tre anni, garantiscono la sopravvivenza stessa dell’istituzione universitaria. Più del 90% dei precari non avrà mai modo di accedere ad una posizione di lavoro stabile nelle università italiane: molti di loro sceglieranno la via che porta all’estero, altri rinunceranno per sempre alla ricerca scientifica.

Per i precari della ricerca è difficilissimo sviluppare liberamente il proprio percorso verso la conoscenza: costretti a saltare da un contratto all’altro, spesso si passa più tempo a preparare bandi, curriculum e concorsi, che a fare ricerca. Spesso si lavora con contratti ai limiti dello sfruttamento, per paghe orarie indegne dell’altissima preparazione acquisita: un contesto che rende impossibile anche solo pensare di progettare una vita con la propria compagna o il proprio compagno, di acquistare una casa, avere dei figli, realizzarsi come persone e cittadini.

La competizione come unica norma e metrica di giudizio rende l’ambiente di lavoro tossico e irrespirabile; la scarsità di risorse apre la strada allo strapotere di chi concepisce l’università più come un feudo per interessi privati che come un bene comune al servizio della società. Il basso numero di docenti (-11% negli ultimi quattro anni) e l’esiguità dei fondi per il diritto allo studio fanno il resto, impedendo ai cittadini “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi” di accedere ai più alti gradi degli studi e contribuire al massimo delle proprie possibilità alla crescita comune.

Abbiamo scelto di chiamarci “Ricercatori Determinati”, non perché i nostri contratti sono a tempo determinato, ma perché siamo determinati a riprenderci il futuro: il futuro dell’Università e dell’Italia. Ma da soli non possiamo farcela: per questo chiediamo il Suo aiuto.

In questa Legge di Bilancio il Governo ha riservato all’Università interventi limitati e una tantum, misure che riteniamo del tutto insufficienti a risolvere i problemi dell’università italiana. Riteniamo necessario in primo luogo porre termine allo sfruttamento della precarietà nella ricerca, riformando il percorso di accesso alla docenza universitaria. È poi opportuno ripensare il percorso di formazione alla ricerca, il dottorato, riconoscendolo in tutto e per tutto come periodo di formazione al lavoro. Infine, perché il percorso di studi universitari sia davvero in grado di formare cittadini attivi e consapevoli, è necessario che ne sia garantita la qualità, reclutando un numero adeguato di docenti per tutti i corsi, e assicurandosi che a tutti gli studenti siano messe a disposizione le misure previste dal diritto allo studio, garantito dalla Costituzione. Ad oggi, infatti, migliaia di studenti idonei all’assegnazione di una borsa di studio o di un posto alloggio ne rimangono esclusi a causa della mancanza di fondi.

Signor Presidente, sappiamo che non è in Suo potere realizzare molte delle cose che chiediamo. Tuttavia, la distanza tra il ruolo assegnato dalla Costituzione all’Università e quello realmente ricoperto non è mai stata così ampia. Il panorama di rovine nel mondo dell’Università non pregiudica solo le nostre vite, ma mette a rischio – a lungo termine – la tenuta delle istituzioni democratiche del nostro paese.

Per questo Le chiediamo di fare quanto nelle Sue possibilità per sensibilizzare il Governo ad impegnarsi da subito per garantire la libertà della ricerca e dell’insegnamento in tutte le università italiane.”

Cordiali saluti,
Gli studenti e i Ricercatori Determinati Sapienza