Vandalismo a scuola, le responsabilità politiche del fallimento

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Vandalismo a scuola, il Ministro Bussetti prende posizione. Rigetta l’idea che la scuola ha fallito! Non condivido. La scelta di privilegiare gli aspetti istruttivi a danno di quelli formativi, ha purtroppo un solo traguardo: il fallimento della scuola!

Vandalismo a scuola, la vicenda 

Vandalismo a scuola. La vicenda  ha riguardato l’Istituto alberghiero pisano “Giacomo Matteotti”. L. Novelli elenca i danni subìti dalla scuola con finale da “internamento” per i protagonisti: “Fotocopiatrici rotte, computer spariti, banchi rovesciati e distributori automatici completamente smontati. Su Instagram sono stati postati diversi video e foto di questi ragazzi che, col volto coperto, sono entrati nella scuola e hanno distrutto tutto. In uno di questi video, si vede persino un ragazzo fare pipì vicino al muro di un’aula e un altro che mentre fuma, quello che sembrerebbe uno spinello, commenta la scena”

Giusta la  reazione del Ministro Bussetti

Non si è fatta attendere la risposta del Ministro M. Bussetti. Tempestiva e doverosa perché è stata umiliata indirettamente la nostra Repubblica (quindi noi tutti), tramite la devastazione e il senso di dispregio manifestato dagli studenti, nei confronti della sua “interfaccia” (la scuola). Evidenzio solo due passaggi: “Dobbiamo domandarci che cosa, nel percorso educativo di questi ragazzi, non ha funzionato…senza cadere però nell’errore di pensare che la scuola intera stia fallendo la propria missione educativa”.

Il ministro nega lo scivolamento della scuola 

Comprendo la doverosa puntualizzazione del Ministro che, tuttavia non mi trova completamente d’accordo. Purtroppo, la scuola sta scivolando (ahime!)  verso un destino non previsto: il suo fallimento! La causa risiede nella scelta politica di ridurre la sua “mission” alla dimensione istruttiva, abbandonando quella educativa. La trasformazione del ragazzo in un cliente da soddisfare, in un “ente senza futuro”, (M. Heidegger), non poteva che snaturare progressivamente la natura dell’istituzione. Se la prospettiva, pertanto si riduce in un “qui ed ora”, in un “eterno presente”, allora l’educazione, diviene un concetto insignificante, in quanto non sorretto dalla prospettiva del futuro. In altri termini, la scuola è un apolide in un contesto caratterizzato, come afferma il filosofo D. Fusaro, dall’eternizzazione del presente, e quindi dalla desertificazione delle aspettative.

Sono d’accordo con U. Galimberti, filosofo “greco” e studioso di Heidegger, Jasper e Nietzsche, quando afferma che la crisi della scuola risiede nella scelta di far passare nozioni da una testa all’altra, disinteressandosi dell’aspetto formativo ed emotivo.
Quindi, se la scuola diviene una realtà indistinguibile rispetto al finanzcapitalismo, poco si può fare. Non gli resta che ” farsi guardare dall’abisso, dopo averlo guardato a lungo” (F. Nietzsche).

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