La figura dell’Educatore Socio Pedagogico cambia dal 1° gennaio 2019 con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio, la n.145 del 30/12/2018. Una modifica alla norma prevista da tempo e soprattutto agognata da chi lavora nel sociale e nel sanitario perché negli anni non c’è stata molta chiarezza sia sulla spendibilità della professione sia sulle modalità di accesso alle assunzioni.
Con le variazioni, la norma avrà degli effetti sui laureati SDE/Pedagogia già in servizio e modificherà il loro ruolo svolto, avvantaggiandoli in alcuni casi grazie alla possibilità di accedere con più semplicità anche nel sanitario.
La Formazione
I cambiamenti principali sono nella formazione e soprattutto nel valore dei titolo. Nell’ambito dell’educazione abbiamo diversi profili ed alcuni ne escono svantaggiati.
L’educatore professionale sociosanitario è formato dalla facoltà di medicina e ha l’obbligo di iscriversi all’albo e all’ordine professionale. Con le modifiche all’accesso alle professioni, difficilmente potrà accedere al sociale, non può operare nel sistema dell’infanzia (0-6 anni) ed è dunque limitato all’ambito sanitario: l’educatore professionale socio-pedagogico invece opera in via esclusiva in tutti i rami del sociale, può lavorare nel sistema della prima infanzia e nei servizi sanitari convenzionati.
Dal punto di vista della scelta universitaria, per chi vuole approcciarsi a questo ambito quindi conviene assolutamente iscriversi alla Facoltà di Scienze della Formazione, scegliendo corsi che forniscono competenze in ambito sociale, educativo e pedagogico.
Cosa Cambia
I commi che riguardano l’assetto professionale dei pedagogi ed in generale delle professioni sanitarie sono tre: il 275, il 283 e 283 quater. Regolano principalmente le modalità di accesso al lavoro e le assunzioni, che vengono liberalizzate per chi ha conseguito il titolo entro il 2005.
L’anno non è stato scelto casualmente, ma considerando che il 2005 è l’anno di laurea dei primi iscritti al corso Snt2, la laurea delle professioni sanitarie che di fatto surclassò i corsi regionali sospesi in seguito dal Decreto Bindi.
Con questa variazione si consente invece anche a coloro che hanno ottenuto quei titoli tra il 2000 e il 2005 di entrare in un multialbo come educatore professionale socio sanitario e di poter partecipare a concorsi e chiamate dirette sia nell’educazione, sia nella prima infanzia sia nell’ambito sanitario.
I corsi di laurea
Tra i corsi più interessanti e facilmente fruibili citiamo il Corso di laurea in scienze dell’educazione e della formazione promosso da Unicusano. Il percorso, disponibile online e quindi senza obbligo di trasferimenti né di seguire le lezioni frontali, comprende due indirizzi specifici, unit da un iniziale percorso comune: uno di educatore pedagogico sociale ed uno di educatore cognitivo – funzionale.
Nel primo caso il laureato sarà in grado di programmare, applicare e gestire progetti di educazione e formazione in istituti pubblici, privati e del terzo settore, oltre ad intervenire nelle situazioni di emergenza e disagio in ambito sociale; nel secondo caso il professionista svilupperà capacità e competenze nella gestione di casi che hanno come soggetti disabili di ogni età e soggetti affetti da patologie croniche.
Il percorso di base comune inoltre prepara tutti gli studenti alla conoscenza di teoria e pratica nelle scienze pedagogiche e metodologico-didattiche. Acquisiscono inoltre competenze specifiche per la progettazione, attuazione e gestione di situazioni problematiche che riguardano l’educazione.
Il titolo risulta così spendibile in ogni area del sociale e del sanitario, perfettamente in linea con le novità legislative e risulta sicuramente più economico e veloce rispetto a tanti altri percorsi proposti, facenti riferimento ad altre facoltà. La professione infatti non ha bisogno di alcuna iscrizione all’ordine nè la presenza di un albo e questo velocizza molto l’inserimento al lavoro.
Le Motivazioni del cambiamento
Le motivazioni di tali cambiamenti sono dovute principalmente a ragioni economiche e socialmente utili.
Vi erano infatti numerose persone formate in quest’ambito che attendevano delle possibilità di inserimento in un settore che negli ultimi anni ha subito numerosi cambiamenti e che aveva un percorso lungo e complicato dal punto di vista burocratico.
L’ambito educativo, sociale e sanitario infatti contano diverse professionalità nate da percorsi non univoci ed ognuna operava in maniera non sempre chiara con discrepanze tra pubblico e privato, assegnazione con bando e chiamata diretta. La presenza poi di un corso di laurea in discipline sanitarie gestito dalla facoltà di Medicina è un’anomalia solo italiana, che richiede alti investimenti in termini economici senza avere dei vantaggi consistenti.
Le figure formate infatti ottengono gli stessi risultati mediante piani accademici proposti da altre facoltà senza dover poi sostenere esami di abilitazione ed iscrizioni all’albo. Se quindi la norma introdotta nel 2019 servirà ad abolire questo canale formativo e tutto l’iter dell’inserimento nei canali professionali, è un vantaggio per tutti perché si riduce di dieci volte il costo unitario di uno studente.
Le professioni sanitarie sono libere dall’albo e riconosciute in tutta Europa. Non sarebbe corretto mantenere questi vincoli, ma piuttosto puntare ad un’integrazione dei corsi già esistenti inserendo un numero specifico di crediti in ambito sanitario. Come abbiamo visto, alcune Università stanno già facendo proponendo corsi di laurea mirati e completi.