Quota 100
Quota 100, quasi 20 mila docenti andranno in pensione. Esprimono un mal-essere diffuso tra i docenti.

Quota 100, non era difficile prevedere i motivi di una decisione. In parte li avevo ipotizzati qualche settimana fa. Ora arrivano le conferme di un malessere che certifica lo stato di crisi del nostro sistema scolastico, ritenuto non più gratificante, nonostante…

Quota 100, le ipotesi avanzate a febbraio

Quota 100, qualche settimana fa ho avanzato alcune ipotesi che avrebbero favorito la decisione. L’esercizio non ha richiesto un particolare impegno. In questo caso la mia esperienza d’aula ha rappresentato un facilitatore. Tra i motivi citavo tra l’altro: “la lunga vacanza contrattuale durata quasi dieci anni (2010-2018) che ha “partorito” un aumento di 85€ lordi. Le prospettive future sono ancora più nere, anche con il governo Lega-M5s;
4) l’aumento dei carichi di lavoro non adeguatamente retribuiti;
5) il timore di una nuova riforma “modello Fornero” che neghi i diritti acquisiti e altro ancora, difficilmente ipotizzabile oggi. L’immaginazione dei politici è infinita, quando si tratta di decidere del portafoglio di altri;
6) la scarsa considerazione sociale percepita anche attraverso i tanti casi di violenza fisica e verbale, i periodici rilievi su una professione “fortunata” (“i tre mesi di vacanza estivi, i quindici giorni a Natale…).

Quota 100, tutto confermato dai dati di un’indagine

Queste ipotesi sono state confermate da un indagine curata dalla Cisl (21 marzo 2019), questa volta effettuata a valle. In altri termini, si sono registrate le risposte degli interessati dopo che essi hanno sottoscritto la richiesta di pensionamento anticipato. Il quadro è sconfortante, non tanto per chi ha deciso di lasciare anticipatamente, quanto per le prospettive della scuola.
Ma andiamo con ordine.
La motivazione della scelta richiama un'”esplicita condizione di
stanchezza (22,6%), o comunque la convinzione di avere già lavorato abbastanza
(29,5%). Tra quanti si dicono stanchi dell’attività svolta, troviamo in primo luogo chi
insegna nella scuola primaria (28,9%), seguito dal 23,1% della scuola dell’infanzia.
Il report prosegue presentando le condizioni che hanno favorito la decisione e che in qualche modo certificano l’abbandono e la solitudine che caratterizzano la professione docente. Prevale “una percezione di eccessiva complessità, denunciata nel 36,7% dei casi, mentre la difficoltà nei rapporti con le famiglie (23,2%) supera di qualche punto quella legata alla conduzione della classe (19%).
Interessante il dato riguardante  la considerazione sociale (39%) che prevale sull’adeguamento economico (30%), come fattore frenante, rispetto alla decisione di andare anticipatamente in pensione.

Alcune considerazioni

Se questa è la situazione, si riceve un’ulteriore conferma del malessere che caratterizza la professione docente. Profilo intenzionalmente sottaciuto nei corsi di formazione, di aggiornamento e  nei convegni. In questi contesti si riceve la sensazione che tutto fili liscio.
La complessità è tenuta fuori dalla porta. Gli insegnanti esprimono un’invidiabile voglia di fare, di spaccare il mondo. L’attività docente è presentata come una realtà nobilitante e appagante, fondata sulla pseudo-convinzione che gli apprendimenti scolastici siano  ancora strategici per la formazione dell’uomo e del cittadino.
E non è finita! Penso al processo di semplificazione che coinvolge l’aula alleggerita dell’inferno delle classi pollaio, dove ogni tentativo di inclusione è fortemente ridimensionato.
Difficile capirne il disegno, che espelle la durezza e la difficoltà di insegnare e che porta quasi 20 mila docenti a rinunciare mediamente al 20% del loro emolumento pensione (Riforma Fornero), pur di uscire da un contesto e un ruolo percepiti non più gratificanti.