L’accordo raggiunto sul filo di lana tra sindacati e MIUR, che sta per essere tradotto in provvedimento legislativo mediante inserimento nell’emendamento al Decreto Crescita, ha messo a confronto due correnti di pensiero che ha visto contrapposti, da un lato, i fautori della selezione con merito garantita dai concorsi pubblici e, dall’altro, i sostenitori della necessità di procedere alla stabilizzazione dei precari sulla quale pende ancora la procedura di infrazione europea.

L’ennesima sanatoria

Una certa stampa non ha saputo resistere alla tentazione di bollare come sanatoria la decisione del ministero di approvare una nuova fase transitoria dedicata ai docenti della III fascia. Il quotidiano economico Il Sole 24 Ore, da sempre vicino ai poteri economici e universitari, riporta un intervento del Direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto, che spara decisamente ad alzo zero sulla modifica del reclutamento dei docenti precari rivista con l’istituzione di nuovi corsi Pas e con il nuovo concorso con la prova computer Based. Parla di ritorno in modo clamoroso a una pessima pratica di tanti governi, che ha permesso l’ingresso all’insegnamento attraverso molteplici canali.

Le opposizioni

Sulla stessa lunghezza d’onda le dichiarazioni di Alessandro Fusacchia, deputato di +Europa. Su Orizzonte Scuola definisce il recente accordo “una sanatoria poco lungimirante e affatto meritocratica. Si tratta di un concorso farlocco, dato che consisterà in una prova scritta di domande a risposta multipla e una prova orale espressamente definita ‘non selettiva’, ossia una prova con cui saranno promossi tutti. Una ipoteca vera sulla scuola italiana”. Per Fusacchia “in questo modo si uccide la qualità della didattica, ogni forma di valutazione e il merito”. A sostegno di questa tesi si porta la tutela dei docenti neo laureati la cui formazione conseguita negli atenei italiani viene ritenuta maggiormente rispondente alle rinnovate esigenze di conferire le necessarie competenze didattico-metodologiche agli insegnanti.

Le ragioni del governo

La risposta dell’esecutivo giallo-verde, a detta dei più, ha avuto soltanto lo scopo di conservare i consensi elettorali scongiurando lo sciopero della scuola, organizzato a ridosso delle recenti consultazioni europee, per consentire all’esecutivo di mantenere ben saldo il timone del comando. Nel gioco politico che guarda ai sondaggi sulle preferenze di voto degli italiani, una fetta consistente spetta alle scelte di riforma del reclutamento degli insegnanti precari. In realtà nessuno ha messo in rilievo la circostanza che l’ Italia si trova sotto la minaccia di procedura di infrazione Europea che il governo Conte sta cercando in questi giorni di scacciare.

Mettere mano al T.U.

E’ ragionevole ritenere che si potesse fare meglio e di più, estendendo la questione anche alle decine di migliaia di diplomati magistrali che sono rimasti esclusi da ogni forma di stabilizzazione. Pensiamo al caso dei docenti con servizio nelle scuole paritarie, inopinatamente esclusi dal concorso straordinario insieme ai docenti con servizio nella scuola statale inferiore a 24 mesi. Qui la questione si fa ancora più lunga e dolorosa, memori delle discutibili scelte della politica che ha sempre rifiutato l’evidenza del gravissimo errore commesso nel ’99, due anni dopo l’emanazione del decreto Berlinguer che conferiva in via permanente il valore abilitante al diploma magistrale, originando in tal modo un contenzioso seriale con l’amministrazione che ha stravolto le vite e la carriera di oltre 55 mila diplomati magistrali. Sarebbe bastata una semplice correzione al testo unico del 99 costituita dalla migrazione dei docenti storici in I fascia Gae per consentire l’inserimento dei diplomati magistrali nella III.

Le colpe

Ma questa responsabilità si può indubbiamente estendere a tutto l’arco delle forze politiche che negli ultimi 20 anni non hanno mai ritenuto strategico il settore dell’istruzione, preferendo procedere per decreti d’urgenza che hanno provocato dolorose lotte intestine tra categorie diverse di docenti. Tutti allegramente l’uno contro l’altro, per uno spezzone di cattedra spesso ottenuto in sedi molto distanti da casa. Le esigenze di aumentare il punteggio in graduatoria hanno costretto tantissimi docenti precari a sacrificare affetti e salute per portare a casa uno stipendio fisso. E in questa gara a chi ce l’ha più lungo (ed è più professore dell’altro) non si salva nessuno. Politici, sindacalisti, associazioni e rappresentanti del mondo accademico si sono prodotti in uno spettacolo indegno, teso a portare acqua ognuno al proprio mulino.