Concorso ordinario, lasciatelo a chi non ha il servizio

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Lettera

Cari colleghi, è di ieri la notizia che il ministero abbia rotto gli indugi e provveduto a diramare il decreto relativo al Concorso Ordinario.

Chi vi scrive ha lottato dal 2002 perché le venissero riconosciuti i diritti acquisiti in virtù del titolo di studio abilitante, ma per la (banale) casualità di essere nata “nel momento sbagliato”, ad ogni cambiamento, ad ogni riforma, ad ogni opportunità, si è vista sbattere porte in faccia.

Per 15 anni, relegata in terza fascia di istituto, non ho potuto fare neanche un solo e singolo giorno di supplenza nella scuola statale, indipendentemente da tutti i corsi di aggiornamento invece sostenuti. Per poter vivere del mio lavoro sono stata costretta a superare un concorso pubblico e accettare un posto, precario, in una scuola comunale: non è stata una scelta, è stata la disperazione del non poter dare da mangiare ai miei figli.

Ho servizio misto, esperienza pluriennale, aggiornamento continuo, e sono della scuola di pensiero innovativo che mette al centro il bambino e le sue necessità educative piuttosto che somministrare “schede”, però non ho certezza di lavoro.

Parteciperò al Concorso Ordinario, non avendo altra scelta, come se fossi una semplice neolaureata ventenne, studiando di notte al posto di dormire, lavorando (chissà dove) di mattina e facendo la mamma e la moglie al pomeriggio. Potrei venir bocciata da una commissione composta da docenti esausti o non in grado di apprezzare la mia competenza, come successo a colleghi di cui sentiamo notizia nei social, indipendentemente dalla preparazione, ma non ho alternative.

Oppure potrei lasciar liberi quei posti per chi arriva adesso ed ha diritto quanto me a provare a realizzare la sua avventura, se il Governo mettesse anche me in condizione di essere immessa in un percorso alternativo che prenda in considerazione la mia esperienza sul campo.

Caro Bussetti, stai facendo tanto per la scuola, ma anche tu continui a farti consigliare dai burocrati e non da chi È la scuola.

Mi chiedo se farai prima a istituire un comitato docenti di consulenza ministeriale o a lasciare il tuo incarico… alla fine, chi soffre, sono sempre i nostri figli: non siamo numeri, siamo famiglie.

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