Scuola, prime ‘grane’ per il neo ministro Lucia Azzolina

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Il neo ministro della scuola, Lucia Azzolina, sarà chiamata, nei prossimi mesi, a risolvere due importanti questioni: l’abolizione della chiamata diretta e il blocco quinquennale della mobilità per i docenti neoassunti.

Abolizione chiamata diretta: prima ‘grana’ per Lucia Azzolina

La neo titolare del dicastero dovrà confrontarsi con i sindacati e con gli altri esponenti del Movimento 5 Stelle. Per quanto riguarda l’argomento ‘chiamata diretta’, si tratta di una delle questioni che il partito pentastellato sponsorizzò a gran voce durante la campagna elettorale. All’epoca del primo Governo Conte venne addirittura inserita l’abolizione della chiamata diretta all’interno dell’accordo di Governo. Ora, però, la questione sembra essere entrata in una fase di stand by.
Come ricorda il quotidiano economico ‘Italia Oggi‘, il provvedimento venne approvato dal Senato e aveva ottenuto l’OK della Camera con modifiche: venne poi ritrasmesso al Senato per la necessaria ratifica il 18 luglio scorso. La rottura tra la Lega e il Movimento 5 Stelle, però, ha fatto si che l’iter procedurale si sia bloccato. 
La questione è particolarmente delicata proprio perché nel nuovo Governo Conte bis vi sono forze politiche contrarie all’abolizione di uno dei pilastri della Buona Scuola renziana: anche tra il M5S vi sarebbero alcune figure contrarie alla cancellazione della normativa.

La questione del blocco quinquennale previsto dal Decreto Scuola

Prima ‘patata bollente’, dunque, per il neo ministro Azzolina unitamente alla faccenda del blocco quinquennale della mobilità per i neoimmessi in ruolo. Il blocco quinquennale è stato introdotto dal decreto legge 126/2019, ormai, convertito in legge.

Per modificare tale normativa sarebbe necessario un nuovo provvedimento legislativo che, per altro, non sembra nemmeno essere troppo preso in considerazione. Le ipotesi sarebbero principalmente due: o l’introduzione di una norma speciale che cancelli o modifichi quella che prevede il blocco, o, in alternativa, un provvedimento legislativo che possa restituire piena libertà di manovra alla contrattazione collettiva abrogando anche le disposizioni contenute nel decreto Madia.

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