Il sondaggio Demos-coop, un segnale positivo per i docenti ma non mancano le criticità

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Il sondaggio Demos-cop (Osservatorio), fornisce un dato interessante per la scuola. Meglio per i docenti. Intorno alla loro professione, però esistono molte criticità di sistema che ne condizionano pesantemente il lavoro.

Il sondaggio Demos- Coop, il prestigio verso i docenti

Il sondaggio Demos-Coop, pubblicato da “La Repubblica” (16 dicembre 2019)  e contenuto nel Rapporto ” Gli italiani e la Scuola“,  fornisce una buona notizia per gli insegnanti, confermando  nel contempo tutti i problemi del sistema.
Iniziamo dalla prima tabella.


Nel confronto con altre professioni il valore in percentuale dei docenti (media, elementare e superiore) si colloca al centro della classifica, ottenendo un risultato interessante, anche se non eccellente.
Non si spiega la mancata citazione degli insegnanti di scuola dell’Infanzia. Mi auguro che l’assenza non sia legata al profilo assistenziale e di custodia che ancora resiste in molti strati della popolazione.  Chi lavora con loro è consapevole del ruolo strategico  che riveste il lavoro degli insegnanti della scuola dell’Infanzia per la formazione dei piccoli alunni.
Il dato da tener presente però riguarda la tendenza nel tempo (2007-2019)

Qui i quattro profili (è inserito anche quello del professore universitario) registrano un trend positivo.
All’interno di ogni profilo i maggiori incrementi li ottengono i professori della scuola secondaria di secondo grado (+17%), seguiti dai maestri (+15%) e dai docenti della scuola secondaria di primo grado (+12). Il prestigio che cresce meno è quello dei professori universitari (+9%), già alto però all’inizio del 2007.
Da evidenziare che nel settennio (2007-2014) i maestri registrano il valore in percentuale più alto ( +11%).
Questi dati positivi si completano con la valutazione sulla preparazione dei docenti. Questa è considerata mediamente positiva dal 60% (somma delle voci “Molto” e “Abbastanza”)

L’elenco delle criticità

Ovviamente il sistema scolastico non è tutto oro. Scrive I. Diamanti curatore con altri del sondaggio: “Le risorse disponibili. Sempre scarse. In modo sempre più evidente.
D’altronde nel nostro Paese si investe circa l’8% per cento della spesa pubblica per
l’istruzione (Open Polis su dati Eurostat). Siamo, cioè, in fondo alla graduatoria
europea. Ben al disotto della media Ue (10,2%). Non è una novità, ma non c’è motivo
di consolarsi.” 
E questo si traduce nelle risposte date dagli intervistati. In pratica il 21%  rileva un problema la “mancanza dei fondi e risorse per la didattica”)
Il sondaggio non lo cita esplicitamente, ma una criticità significativa risiede nelle spese fisse che risultano sempre in lento ma graduale diminuzione. La legge di Bilancio (160/2020) ha fissato in 3,4% il rapporto tra il Pil e la spesa per l’istruzione, mentre in Europa la media è intorno al 5%. E su questo versante le cose non andranno meglio, almeno fino al 2040.

Altre criticità sono registrate dal sondaggio come  l’insicurezza degli edifici scolastici che  è rilevata dalla metà degli intervistati (50%).
Questo e altro ancora  può essere letto nel Rapporto ” Gli italiani  e la scuola”.
Lo scenario completo giustifica la percezione che il sistema scolastico e universitario siano peggiorati negli ultimi dieci anni. Gli intervistati che si esprimono in tal senso sono rispettivamente il 35% e 60%.

Una breve considerazione 

Il quadro conferma la difficoltà di una professione che non può basarsi solo sul volontariato gratis e  sulla continua disponibilità a risolvere i problemi. Decisione che non sempre porta  a dei risultati.
Questi sono possibili solo se si creano le condizioni amministrative, organizzative e si supporta il sistema di adeguati investimenti. E tutto questo riguarda la politica. Purtroppo l’ultima legge di Bilancio, che ha costretto L. Fioramonti a dimettersi perché la cifra stanziata è stata valutata sotto la linea di galleggiamento, non incoraggia a sperare in un futuro migliore.

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