Coordinamento Nazionale Precari Scuola: lettera di riflessione sul discorso del Ministro Azzolina del 16 marzo

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera di riflessione del Coordinamento Nazionale Precari Scuola sul discorso del 16 marzo del Ministro Azzolina.

Lettera di riflessione del Coordinamento Nazionale Precari Scuola sul discorso del 16 marzo del Ministro Azzolina

Cara ministra Azzolina, il 16 marzo abbiamo ascoltato il suo discorso e siamo rimasti profondamente toccati dalle sue parole, parole calde, quasi commoventi, che ci hanno parlato di senso del dovere, di comunita’, di diritto allo studio.
Parole che ci hanno scaldato i cuori. E tutti noi docenti abbiamo pensato: che bello se fosse vero!
E si, perché lei, egregia ministra, si presenta dopo tre settimane dalla chiusura delle scuole a raccomandarci di svolgere quello che la stragrande maggioranza di noi si è già preoccupata di intraprendere da subito, la didattica a distanza per tener vivo il rapporto con i nostri alunni. E questo senza che sia previsto dal nostro contratto, a nostre spese e con un lavoro supplementare per acquisire nuove competenze, tecniche e metodologiche.
Ci raccomanda la deontologia professionale quando la stiamo già dimostrando da tre settimane,
per garantire comunque il diritto allo studio ai nostri alunni. Anche noi precari, che il senso di comunità di numerosi governi utilizza da lustri come lavoratori usa e getta, da lasciare a casa a fine anno scolastico.
Noi il senso di comunità abbiamo sempre cercato di crearlo nelle scuole, con gli alunni, tra i docenti, con le famiglie, con gli educatori e con il personale non docente. Un senso di comunità ben diverso da quello che stiamo avvertendo dall’alto in questi giorni.
Un senso di comunità, il vostro, che ha consegnato il personale Ata a rischio contagio, costringendolo a presentarsi a scuola per sorvegliare e pulire edifici vuoti. Un senso di comunità che, badando solo all’efficienza, si preoccupa di bandire concorsi da svolgere appena l’emergenza sarà conclusa, senza mostrare un briciolo di umanità verso i docenti, che nell’epicentro europeo di una pandemia,
non hanno certo la serenità e la lucidità per studiare. Un senso di comunità che stanzia 85 milioni di euro per la didattica a distanza, misura che diventerà operativa a emergenza finita, quando ora quei soldi rappresenterebbero risorse aggiuntive preziose per la sanità e il sostegno a chi ha perso il reddito o io lavoro.
Come sarebbero risorse preziose da dirottare sull’remergenza quelle destinate ai concorsi, spese inutili, visto che i docenti ci sono già e in una situazione di emergenza possono essere assunti direttamente. Sono i vincitori di concorso 2016 e 2918 e i circa 70 mila precari con più di tre anni di servizio, che se stabilizzati tutti (in ottemperanza alla direttiva europea 70/1999 recepita dall’Italia nel 2001) coprirebbero gran parte delle cattedre vacanti.
Questo è il nostro senso di comunità. Molto differente da quello della compagine di governo di cui lei è esponente, che richiama in servizio i medici in pensione pur sapendo che gli anziani sono i soggetti più vulnerabili nei confronti di questo virus, tra i quali più alto è il tasso di mortalità. Che manda a rischiare in prima linea medici neolaureati abolendo l’esame di abilitazione, ma assumendoli solo a tempo determinato, altri lavoratori usa e getta da sfruttare sino a quando servono.
Che ha appena siglato un’intesa ai limiti del criminale con i sindacati confederali, che sacrifica la salute all’altare profano della produttività, poiché lascia aperte le fabbriche anche di produzioni non essenziali, derogando alla distanza minima di un metro dove non è possibile rispettarla, lasciando, così, questi lavoratori a rischio contagio, cioè a rischio morte.
Illustre ministra Azzolina, Il nostro senso di responsabilità sta mantenendo viva la scuola,
il vostro senso di responsabilità e’ una minaccia per i lavoratori e per l’intera comunità.
Stiamo attraversando una gravissima emergenza.
Il vero imperativo categorico è: chiudere le fabbriche, gli uffici e i servizi non essenziali, dare sicurezza e stabilità a chi opera e viene chiamato a operare in prima linea, convogliare le risorse nella sanità e nelle protezioni sociali, come un reddito di quarantena, invocato da più parti in questi giorni.
Prima la vita è poi la produzione. L’economia può ripartire, i morti no.

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