Tragedia del bambino precipitato a scuola
Tragedia del bambino precipitato a scuola

Sono giunte a termine  le indagini sulla morte di un bambino 6 anni, che il mese di ottobre scorso, a Milano, precipitò nel vuoto per circa 10 metri, dopo essersi sporto con l’aiuto di una sedia dalla tromba delle scale della scuola e riportando gravi lesioni che lo ne causarono la morte 3 giorni dopo in ospedale.

Come riporta Il Messaggero, citando le conclusioni del PM, le due maestre e la bidella sarebbero state ritenute responsabili della sua morte “per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme”.

La ricostruzione delle indagini

Secondo la ricostruzione delle indagini, il bambino quella mattina aveva chiesto più volte alle maestre (d’italiano e di sostegno) di poter andare in bagno, fuori dall’aula ci sarebbe dovuta essere a vigilare la collaboratrice scolastica, quindi le insegnanti senza accompagnarlo come avrebbero dovuto e senza verificare la presenza della collaboratrice scolastica, hanno mandato fuori il bambino da solo.

Il bambino, “presumibilmente incuriosito dal vociare” dei bambini di una classe del piano sottostante si è avvicinato al pianerottolo della tromba delle scuole dove ha trovato una sedia girevole con rotelle. E’ salito sulla sedia, si è sporto perdendo l’equilibrio ed è caduto nel vuoto.

La conclusione dell’indagine

Secondo quanto riporta il Messaggero, nell’avviso di conclusione indagini firmato dal PM sarebbe scritto che la maestra di italiano e la docente di sostegno sono accusate di avere “omesso la dovuta vigilanza sul bambino” perché sarebbe stato consentito al bambino di “recarsi ai servizi igienici fuori dall’orario programmato”. Cosa che sarebbe in contrasto con il regolamento d’Istituto e la direttiva della scuola avente ad oggetto la vigilanza sugli alunni.

La collaboratrice scolastica invece, è accusata di “non avere prestato servizio nella zona di competenza secondo la mansione assegnatale” e di “non avere vigilato sulla sicurezza ed incolumità dell’alunno, in particolare nello spostamento per recarsi ai servizi, per avere utilizzato il telefono cellulare per scopi personali durante il tempo in cui avrebbe dovuto effettuare la sorveglianza al piano”.