Abrogazione vincolo quinquennale, emendamenti e proposte

Il vincolo quinquennale continua a far discutere. Finora però le proteste dei docenti non sono valse a nulla.

Ciò che serve è un intervento politico che possa andare ad incidere concretamente eliminando in toto il vincolo in oggetto.
In questi giorni non sono mancate proposte in tal senso.

L’emendamento di Fratelli d’Italia

La deputata siciliana FdI Carmela Ella Bucalo ha annunciato sul suo profilo Facebook la presentazione di un nuovo emendamento nel Disegno di Legge sul Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023.

L’emendamento ha ad oggetto l’abrogazione del vincolo quinquennale, la cui proposta è stata formulata insieme a Paola Frassinetti e Carolina Varchi, con l’obiettivo di favorire il rientro dei docenti ingabbiati.

L’emendamento del sindacato FLC CGIL

Nell’ambito della discussione della Legge di bilancio, anche il sindacato FLC CGIL ha presentato una serie di emendamenti per il comparto scolastico.

Tra questi spicca l’emendamento che richiede l’eliminazione proprio del vincolo quinquennale:

“imponendo l’obbligo di permanenza quinquennale su istituzione scolastica, si è introdotta una norma che non solo stravolge il testo unico, ma vanifica gli effetti della mobilità come disposta dal CCNI mobilità 2019-2022 vigente, con ricadute anche sul CCNI che regola le assegnazioni provvisorie e utilizzazioni, queste ultime, di norma, indirizzate su posto di sostegno da parte di docenti con titolo di specializzazione.

Non secondario che gli effetti applicativi di tale vincolo non prevedano deroghe per i docenti con legge 104/92 art. 33 comma 3 e 6 il cui beneficio sia stato riconosciuto prima delle procedure concorsuali.

In considerazione del sovrapporsi delle fasi di immissione in ruolo e dei vari contingenti di disponibilità ad esse riservate che hanno condizionato tempi e opportunità di scelta degli individuati dalle graduatorie, si chiede il superamento del comma 17-octies.”

Queste le motivazioni a fondamento della proposta del sindacato.

L’intervento di Cub Scuola

Anche Cub Scuola, nella persona della portavoce Giovanna Lo Presti, è intervenuta sul tema.

Le sue parole sono chiare ed incisive, volte a sottolineare il mancato interesse da parte della compagine legislativa a voler trovare una soluzione ad un vincolo che, seppur fondato sulla necessità di garantire la continuità didattica, sta danneggiando molti docenti neo-immessi.

“In un Paese civile chi fa le leggi si dovrebbe preoccupare dell’impatto concreto che queste avranno sulla vita dei cittadini: obbligare tante persone, in gran parte con una famiglia alle spalle a scegliere una sede scomoda e vincolarle a quella scelta per cinque anni non crediamo abbia alcun effetto positivo sulla serenità del lavoro di questi docenti.

Inoltre, stipendi vergognosamente bassi costringeranno molti ad una vita di ristrettezze: in una grande città del Nord il solo affitto di un appartamento rischia di portar via quasi metà stipendio. Se a queste indubbie difficoltà economiche aggiungiamo le preoccupazioni per la famiglia lontana, possiamo già immaginare come andrà a finire: alcuni rinunceranno al lavoro (è già successo ed il flop delle call veloci ne è testimonianza) , altri cercheranno di arrangiarsi, visto che le uniche eccezioni all’essere imbullonati alla cattedra per cinque anni sono costituite dalla sovrannumerarietà (quando è il sistema che crea mobilità, si vede che la continuità didattica non conta!) e dall’usufruire della Legge 104, cosa che già hanno fatto molti docenti del Sud nominati al Nord, vista la loro età media e, visto che spesso la 104 riguarda i genitori, la presumibile alta età dei genitori.

Poi ci sarà il coro di lai per il Sud che abusa della Legge 104, ma sarà un coro stonato perché – per pochi che ne approfitteranno – tantissimi non sapranno come accudire altrimenti alla propria famiglia”.

A queste parole, Cub Scuola ha anche aggiunto come possibili soluzioni potrebbero essere sussidi economici a chi lavora distante da casa, e se questa soluzione fosse troppo esosa, andrebbero aumentati i posti di lavoro, soprattutto al Sud, evitando dunque la via della migrazione al nord di molti docenti costretti poi a restarvi bloccati per anni.