I sintomi della variante Delta
I sintomi della variante Delta

Chiusura delle scuole e varianti. Il quadro epidemiologico è cambiato. La scuola è più esposta, ma la sola chiusura degli istituti non è sufficiente. Un bel problema per il nuovo Premier M. Draghi.

Chiusura delle scuole, era stato risolto positivamente

Chiusura delle scuole e varianti. Progressivamente il problema sta tornando nelle prime pagine dei giornali e non solo (talk show). Fino a qualche settimana fa si affermava che buona parte del sistema scolastico era considerato a basso rischio. La percentuale dei contagi rispecchiava quello del contesto sociale (Viola e Bucci). I contagi interni, afferenti la scuola erano in percentuale irrilevanti (Cts). Conclusione: le criticità erano esterne e riferibili ai trasporti locali.
Sicuramente questo scenario quasi completamente positivo era favorito dal fatto che il Covid-19 trovava delle resistenze negli organismi degli studenti più giovani. Ovviamente le soluzioni organizzative (distanziamenti con banchi monoposto, continue sanificazioni…) e le dotazioni di dispositivi di protezione e le altre regole seguite in modo stringente avevano contribuito a limitare i contagi interni.

Le varianti del Covid-19 hanno complicato la situazione

Le ultime settimane purtroppo stanno modificando questo scenario.
Mi riferisco alle varianti del Covid-19 e in particolar modo di quella inglese che invece riesce maggiormente a contagiare gli allievi più giovani. Ogni giorno si hanno notizie di classi, plessi e istituti chiusi dalle aziende sanitarie. “Le varianti del Covid stanno chiudendo le scuole. Ciò che non è stato deciso per decreto, sta avvenendo per effetto del contagio. E sulle ali della mutazione inglese che colpisce con più efficacia i minori (per fortuna senza effetti gravi sulla loro salute) causa una dopo l’altro lo stop delle lezioni, come tessere di un domino. I dati dell’Istituto superiore di sanità sono emblematici: il 17,5 per cento dei nuovi casi positivi, nell’ultimo mese, è rappresentato da under 18, dunque da studenti. Questa percentuale, nei primi mesi della pandemia, era attorno al 2-3 per cento. Oggi un positivo su 5 è un giovanissimo a conferma che la variante inglese corre più facilmente tra i banchi” (Il Messaggero, 24 febbraio).

Le dichiarazioni ovviamente sono più allarmistiche

Ovviamente il cambio di scenario sta favorendo un ripensamento circa il mantenimento delle scuole aperte. “Se doppia mascherina o protezioni Ffp2 non dovessero bastare, è necessario mettere le classi in quarantena e ricorrere alla Didattica a distanza” (M. Rusconi, Anp Lazio).
Preoccupante la dichiarazione G. Rezza (Ministero della Salute) “E’ sempre doloroso. Ma laddove ci sono dei focolai o presenza di varianti è chiaro che tale decisione è assolutamente da considerare. Dobbiamo essere pragmatici. Il tasso di incidenza sta crescendo in età scolastica e ciò potrebbe essere conseguenza delle varianti che infettano di più i bambini ma senza forme gravi. 
Inquietante, invece quella di A. Miozzo (Cts) che nella fase precedente si era sempre battuto per tenere le scuole aperte: “Se le varianti crescono, con dolore richiuderemo le scuole.

Per Mario Draghi il primo banco di prova

Il nuovo Premier M. Draghi si giocherà molta credibilità sull’accelerazione delle vaccinazioni, unica soluzione alla diffusione incontrollata delle varianti e ancora prima sulle scuole.
Il problema non è di poco conto. Finora si era riusciti a garantire un’apertura quasi totale del sistema scolastico (eccezioni la Campania e la Puglia), costringendo l’ex Ministro Lucia Azzolina ad accettare obtorto collo solo la chiusura generalizzata delle superiori (novembre-gennaio). La soluzione ha contenuto la protesta sociale.
Ora però le varianti mettono in dubbio la prosecuzione della didattica in presenza per i gradi inferiori, creando non pochi problemi ai genitori degli allievi più piccoli.
Hanno fatto bene le Regioni a chiedere al Cts un report ufficiale dei contagi a scuola.

Le criticità delle soluzioni

L’eventuale soluzione della chiusura delle scuole, però non risolverà il problema generale. I bambini, restando a casa, potranno contagiare maggiormente gli adulti e in particolare i nonni. Stessa situazione per i più grandi, abituati a girovagare per il quartiere o i centri commerciali.
A questo punto resta l’ipotesi più drastica, probabilmente però la più efficace: un lockdown generalizzato, come quello del periodo marzo-giugno, in attesa di una vaccinazione diffusa. A differenza però della Germania, il nostro Paese non riuscirebbe economicamente a reggere una seconda chiusura.
Una scelta difficile per Draghi che dovrà confrontarsi con una situazione reale fatta di numeri, ma anche carica di un disagio e di uno stato depressivo pericolosi socialmente.