Scuola, diritto allo studio anche in caso di 41 bis

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Il diritto alla scuola, allo studio, non deve essere leso neanche nei confronti dei detenuti al carcere duro 41 bis, applicabile ai diritti più gravi. A precisarlo è stata la Corte di Cassazione che, nonostante i contemperamenti con le caratteristiche imposte dal particolare regime carcerario dell’articolo 41 Ord. Pen., il diritto rimane ad ogni modo tutelato e garantito. Come precisa Orizzonte Scuola, le limitazioni sono giustificate dal peculiare regime del 41 bis e attengono in maniera esclusiva a determinate modalità di esercizio del diritto stesso.

Scuola: cos’è il 41 bis Ord. Pen.

Con i delitti più gravi si applica il regime del 41 bis. Esso è previsto in casi di reati compatibili per associazione a delinquere di tipo mafioso, azioni volte a finalità di terrorismo o riduzione (ovvero mantenimento) in schiavitù. I detenuti al 41 bis sono confinati in carceri speciali, oppure in reparti particolari separati dal resto dell’istituto penitenziario. La custodia avviene in sedi specializzate della polizia penitenziaria. Il carcere duro prevede restrizioni severe rispetto ai detenuti nel carcere ordinario, tra cui l’adozione di misure di elevatissima sicurezza e un singolo colloquio mensile in locali ben monitorati in maniera tale che non vi possano essere scambi di oggetti. Il colloquio è valido solo se il detenuto incontra membri della sua famiglia o conviventi.

Le richieste di un detenuto

Il tribunale di sorveglianza aveva rifiutato il reclamo da parte di un detenuto contro un provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza aveva respinto diverse richieste da parte del recluso, tra cui quella dell’iscrizione presso una scuola superiore a indirizzo Ragioneria, che l’amministrazione provvedesse al rifornimento dei libri di testo necessari per lo studio e che la stessa permettesse l’accesso nell’istituto penitenziario di un docente almeno due volte la settimana per poter assistere il detenuto negli studi. Il reclamante chiedeva, inoltre, che le ore di lezione non le venissero decurtate dalle ore di socialità e aria.

Il tribunale aveva tuttavia escluso la presenza di un pregiudizio grave e attuale nei confronti del detenuto, poiché aveva osservato al reclamante non era preclusa l’iscrizione a una scuola media-superiore. L’unica limitazione che il detenuto era tenuto a osservare era iscriversi presso l’istituto più vicino al penitenziario. Inoltre, la legge penitenziaria non prevedeva la fornitura gratuita di testi scolastici. La normativa contempla, in verità, la possibilità di erogazione di premi e sussidi, a patto che vengano rispettati determinati presupposti.

L’ingresso di un insegnante in carcere o, in alternativa, l’ausilio di lezioni a distanza (come richiesto dal detenuto, in alternativa alla presenza fisica di un insegnante in carcere) non sono sistemi previsti dalla legge penitenziaria, anche per ovvi bisogni atti al mantenimento della sicurezza. Due simili eventualità avrebbero, anzi, rischiato di favorire scambi di messaggi con l’esterno.

L’ultima parola alla Cassazione

Il detenuto si è dunque rivolto in Cassazione. Qui i giudici sono rimasti tuttavia concordi con le decisioni dei loro colleghi, in quanto il tribunale non aveva in alcun modo leso il diritto allo studio nei confronti del reclamante. Esso rimane, tutelato, seppur con tutte le limitazioni del caso, giustificate tuttavia dal particolare regime del 41 bis a cui il reclamante è sottoposto e che attengono in maniera esclusiva a ben specificate modalità di esercizio del diritto medesimo.

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