Tamponi a scuola
Tamponi a scuola, il tema occupa sempre più le pagine dei giornali e i talk-show. Saremo pronti per il prossimo anno?

Tamponi a scuola, Mario Draghi e altre personalità hanno espresso i loro pareri. Attendiamo i fatti, consapevoli, però che siamo a fine anno. Comunque qualunque decisione necessita di risorse economiche.

Tamponi a scuola, la soluzione è dietro l’angolo

Tamponi a scuola, se ne parla. Il tema sta prendendo sempre più spazio nelle pagine dei giornali e talk-show. È segno che lo scenario è cambiato. Le soluzioni ipotizzate nella scorsa estate da Lucia Azzolina non sono più sufficienti per garantire una coesistenza a basso rischio con la variante inglese. Questa risulta più contagiosa del 37%, rispetto al Covid cinese. Purtroppo colpisce maggiormente gli allievi e gli studenti.
Tenendo conto che al momento non esiste un vaccino per gli under 16 e considerando che tra questi ci sono molti asintomantici, è la soluzione ottimale per tenere un tracciamento reale. Alcuni paesi come gli Stati Uniti e la Germania, seguendo l’esempio inglese, hanno intenzione di usarne rispettivamente 500 e 10 milioni a settimana (S. Abrignani, immunologo e membro del Cts).

Diverse, però solo le posizioni

Nel nostro Paese, purtroppo siamo ancora fermi alle intenzioni. Probabilmente perché non esiste una concordanza sulla modalità di somministrazione.
Al momento il Governo sembra aver abbandonato la soluzione più efficace del tampone settimanale a tutti, limitandosi ad annunciare un facile “La scuola riapre”, basato sullo studio di S. Gandini non condiviso dal mondo della scienza e ignorato dal Cts. Invero Draghi aveva lasciato uno spiraglio: “in alcuni casi sarà possibile effettuare il test» per gli studenti, ha detto, ‘ma parlare di azione globale mi sembra eccessivo’ (Il Manifesto, 27 marzo 2021).
Medesima posizione ha espresso A. Miozzo, ex componente Cts e oggi Consigliere del MPI: “Si sceglie la scuola X un giorno, la scuola Y un altro, e valuti così ciclicamente l’evoluzione del contagio” (Il Messaggero, 18 aprile)
Sostiene, invece, la scelta inglese e Altoatesina S. Abrignani (immunologo e componente del Cts) che ipotizza la somministrazione di test settimanali, aggiungendo che “i test salivari non sono invasivi come i tamponi nasali. Sono antigenici, quindi rapidi, e molto semplici da eseguire. Danno il risultato in cinque minuti” (La Repubblica, 19 aprile).

Quali sono le prospettive?

Difficilmente la complessa organizzazione dei tamponi settimanali (ipotesi migliore) potrà partire quest’anno. Ormai manca poco alla chiusura di questo annus horribilis. Se ne parlerà il prossimo anno, che sicuramente sarà una fotocopia o quasi di quello corrente. La richiesta di conferma del personale aggiuntivo da parte del Mi (a.s. 2021-22) nei numeri di quest’anno (70.000 ca) fa pensare in tal senso.
L’operazione tamponi settimanali può essere pianificata in tempo in questi mesi e avviarla con il nuovo anno. Ovviamente questo ha un costo significativo. Se si pensa che ogni tampone, come ha dichiarato S. Abrignani “costa 4-5 € sui grandi numeri. Il costo unitario ripetuto per diversi milioni di studenti ogni settimana, dà alla fine dell’anno un totale di diversi milioni di €.
Tuttavia, scegliendo la soluzione dei tamponi settimanali si dà concretezza all’articolo 32 della Costituzione che presenta il diritto alla salute come aspetto non negoziabile. La decisione costituirebbe un segnale rassicurante per gli operatori scolastici!