L’educazione musicale è spesso una materia sottovalutata a scuola. Tuttavia questa disciplina può avere dei risvolti del tutto inaspettati sul processo di apprendimento degli studenti. Cerchiamo subito di approfondire meglio questo discorso.
Il ruolo dell’educazione musicale a scuola
La musica può essere di fatto definita come “un’alternativa al linguaggio parlato e scritto”. Uno mezzo di comunicazione che l’uomo impara a conoscere e ad usare fin dalla nascita.
Ma è più tardi, con l’ingresso a scuola tra i 3 e i 6 anni di età, che la musica diventa per il bambino uno strumento onnipresente e fondamentale.
In questa fase, infatti, le melodie e i suoni si trasformano in un luogo di narrazione che consente di fare esperienza diretta di forme culturali e significati diversi, in modo da comprendere concetti e situazioni.
Inoltre, anche negli anni a venire, la musica può diventare il tramite con cui rafforzare il livello di attenzione degli alunni e creare empatia con il resto della classe e gli insegnanti.
Ecco perché l’educazione musicale ha un ruolo tutt’altro che secondario all’interno della didattica, anche se spesso finisce con l’essere relegata ad un paio di ore la settimana.
I risvolti sull’apprendimento
Come si è potuto capire, la musica è una forma comunicativa complessa e ‘universale’, in grado di trasmettere molteplici messaggi.
In particolare questa disciplina serve a:
- attivare processi di apprendimento multifunzionali che spaziano dal piano motorio e sensoriale al linguaggio simbolico ed astratto;
- veicolare contenuti legati all’immaginazione, al pensiero, alla corporeità e alla motricità;
- sviluppare competenze corporee, motorie e percettive;
- favorire competenze affettive e relazionali;
- migliorare la capacità di esprimersi e comunicare verbalmente;
- sviluppare la capacità di analisi e di sintesi.
Potremmo dunque dire che in generale la musica, proprio come l’arte, consente una maggiore comprensione della realtà che ci circonda.