Tampone anche al personale vaccinato, i Ds sono responsabili se non sono garantite adeguate misure di sicurezza

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La questione del tampone, richiesto al personale scolastico non vaccinato per poter avere il green pass, desta continue perplessità.

Non a caso, i dati degli ultimi giorni riportano già diversi casi di contagi in alcune scuole in tutta Italia con conseguente ritorno in Dad. E questo non può che portare a mettere in dubbio l’utilità di un lasciapassare che non sta aiutando a garantire sicurezza tra i banchi di scuola. Ma soprattutto continua ad essere inspiegabile come gli screening non vengano effettuati anche nei confronti di chi è vaccinato.

La questione non è mai stata affrontata seriamente, ed è sempre stata solo portata alla luce da alcuni legali e dal sindacato Anief. Nessuno, media inclusi, si è invece mai occupato del problema, tacendo sui profili di contagiosità a cui chi è vaccinato non è immune.

Pochi giorni fa Movimento Difesa Diritti ha spiegato come tutti i datori di lavoro debbano esigere sul luogo del lavoro il tampone da tutti i dipendenti, “vaccinati compresi”, per poter garantire adeguata sicurezza. Il discorso vale anche nell’ambito scolastico.

Tampone e responsabilità dei datori di lavoro

Come riporta l’Avv. Mauro Franchi del Movimento Difesa Diritti, il datore di lavoro è responsabile se non richiede a tutti i suoi dipendenti (vaccinati e non) il tampone, a prescindere che si tratti di ambito pubblico o privato. E la responsabilità in questione trova la sua premessa nel fatto che è scientificamente dimostrato che anche chi è vaccinato può contagiare e contagiarsi, contribuendo alla diffusione del Sars Cov-2.

Il riferimento normativo riportato dal legale è l’art. 2087 c.c che afferma:

l’imprenditore e’ tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

All’articolo in questione va poi anche aggiunto il Testo Unico in materia di sicurezza del lavoro (Dlgs. 81/2008), a cui ciascun datore di lavoro deve fare riferimento per procedere all’adozione di tutte le necessarie cautele.

L’Avv. Franchi, alla luce di tutto ciò, evidenza come “ogni dipendente, che si senta messo in pericolo dall’inadempienza del datore di lavoro ha il diritto di intimare perentoriamente al medesimo di provvedere immediatamente all’adozione di tutte le misure necessarie che, allo stato attuale, non possono che essere la richiesta del tampone molecolare a tutti i lavoratori, compresi i vaccinati, essendo questo l’unico strumento in grado di dimostrare la non infettività del soggetto, all’opposto del green pass basato esclusivamente sulla vaccinazione.”

La responsabilità dei dirigenti scolastici e dei rettori

Gli stessi presupposti sono applicabili anche negli ambienti scolastici. E lo sono a maggior ragione, considerando come le aule possano essere affollate e come il rischio di contagiosità sia elevato.

Di conseguenza anche i Dirigenti scolastici e i rettori delle Università sono da considerare responsabili, dovendo soggiacere alla responsabilità ex art. 2043 c.c e art. 28 Cost. se non aggiornano opportunamente i piani di sicurezza interni.

Diffida e ricorso contro il datore di lavoro (compresi i Dirigenti Scolastici)

Lo strumento con cui ciascun dipendente può tutelarsi è, in un primo momento, la diffida, da inoltrare al datore di lavoro. Nei confronti del Dirigente Scolastico o del rettore la diffida dovrà essere presentata dai genitori o dagli studenti, con relativa notifica alle autorità competenti.

Se poi l’inadempienza dovesse continuare si potrebbe richiedere un ricorso d’urgenza al Tribunale.

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