Riforma pensioni 2023: quando sarà il prossimo incontro governo-sindacati?

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Riforma pensioni 2023, confronto in stand-by: quando sarà il prossimo incontro tra governo e sindacati sul tema previdenziale? Ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo. Quali sono le possibili date, le proposte ancora in gioco e le altre informazioni utili.

Riforma pensioni 2023: quando sarà il prossimo incontro?

Come abbiamo anticipato all’interno dei nostri precedenti articoli, alla luce dei recenti avvenimenti in ambito internazionale, la riforma pensioni sta subendo degli ulteriori rallentamenti.

A tal proposito, gli italiani hanno già cominciato a chiedersi se anche per l’anno prossimo ci sarà un nuovo rinvio e quali saranno, quindi, le modalità per lasciare il mondo del lavoro nel corso di tutto il 2023.

Del resto, stando a quanto dichiarato dal segretario confederale Uil, Domenico Proietti, al momento non sarebbe stata ancora fissata una nuova data per proseguire con gli incontri fra governo e sindacati. Tuttavia, la speranza delle parti sociali è che il dialogo possa riprendere il prima possibile. In modo da portare a termine i lavori cominciati ad inizio anno.

Le proposte in gioco

Al di là del ritardo sulla tabella di marcia a proposito della prossima riforma pensioni, lo scenario internazionale rischia di influire sulla questione previdenziale anche in un’altra direzione. Se il confronto dovesse, infatti, continuare a rimanere fermo ancora per molto tempo, anche il 2023 finirebbe con il diventare un anno di transizione.

In particolare, ci si aspetta che il governo possa in questo caso decidere di rinnovare Quota 102 ancora per 12 mesi.

Mentre per quanto riguarda Opzione donna, è possibile che si voglia rendere la misura strutturale o, perlomeno, pluriennale. Così facendo, si eviterebbe di dover tornare ad affrontare la questione della proroga di anno in anno.

Non bisogna, però, dimenticare che in questo modo si andrebbe a complicare ulteriormente un quadro già di per sé molto complesso. In quanto occorrerà fare i conti in futuro con l’impennata dell’inflazione dovuta alla guerra, probabilmente attraverso la penalizzazione di chi vuole andare in pensione prima dei 67 anni.

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