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permessi formazione docenti e ATA

Riforma scuola: pubblicato lo scorso 30 aprile sulla Gazzetta Ufficiale il testo sul rinnovamento della scuola promosso dal Ministro dell’Istruzione Bianchi. Come sappiamo, punti nodali sono il reclutamento del personale e la formazione dei docenti di ruolo: quest’ultima sarà in parte obbligatoria e in parte su base volontaria e si legherà agli scatti stipendiali. In che modo il Ministero intende fronteggiare le spese per tali percorsi formativi promossi dalla Scuola di Alta Formazione? Tagli in vista sulla carta docente?

Il pilastro della riforma è la formazione dei docenti

Il testo sulla riforma della scuola pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 30 aprile chiarisce meglio il progetto del Ministero dell’Istruzione: oltre al reclutamento dei futuri insegnanti, oggetto di attenzione è la formazione dei docenti. Su Radio 24 il Ministro Bianchi ha precisato infatti che “i tre pilastri della riforma sono formazione, formazione, formazione”: percorsi formativi iniziali, che legano lo studio universitario al tirocinio guidato e poi al ruolo; obbligatori per tutti, soprattutto in riferimento al digitale; volontari e continui, legati all’avanzamento di carriera anticipato. Ma in che modo il governo pensa di reperire i fondi necessari per attuare quanto previsto?

Carta del docente a rischio per pagare i costi

Dalla lettura del Decreto legge emergono già le prime risposte, che di certo non possono piacere né ai docenti né ai sindacati: il comma 9 dell’art. 44 specifica che si autorizza la spesa di 2 milioni di euro annui a partire dal 2023. Per i costi della Scuola di Alta formazione si provvede “mediante i fondi della Missione 4 – Componente 1 – Riforma 2.2 del PNNR, e a decorrere dall’anno 2027, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 123 della Legge 13 luglio 2015, n. 107”. Il decreto legge, quindi, stabilisce che si attingerà ai 381,137 milioni annui destinati dal 2015 fino ad oggi al finanziamento della carta del docente.

Cosa succederà quindi al beneficio di cui godono i docenti di ruolo? Sappiamo che da più parti sono partiti ricorsi affinché anche il personale precario possa usufruirne, ma adesso occorre capire le ripercussioni che tale agevolazione subirà alla luce della riforma.  Precisiamo subito che, in base all’iter parlamentare che il testo dovrà compiere, potrebbe esserci ancora qualche possibilità per apportare delle modifiche: il tutto si giocherà in Senato, e i prossimi 45-50 giorni, prima che il provvedimento diventi legge dello Stato, si prospettano di fuoco.