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Fa discutere il questionario somministrato a moltissimi studenti di dodici anni frequentanti la seconda media in cento scuole della Liguria: le domande, che vertono sui possibili mestieri che da grandi potrebbero svolgere, appaiono in certi casi molti forti e insolite. Ma l’obiettivo del test sarebbe solo quello di rendere più consapevoli gli alunni verso il mondo del lavoro.

Test ‘discutibile’ per gli alunni della seconda media nelle scuole liguri

La Regione Liguria da sei anni porta avanti un particolare progetto di orientamento che interessa 100 scuole del territorio, ideato dal Centro studi Pluriversum, società di consulenza specializzata nel campo dell’orientamento: ogni anno si coinvolgono 50.000 studenti, ai quali i propri docenti somministrano i questionari elaborati dal suddetto centro.

Questa volta a destare molte perplessità, soprattutto dei genitori, sono le domande propinate: “Ti piace lavorare in luoghi poco puliti?”, “di sera o durante i fine settimana?”, “Ti piace lavorare in piedi?”, “sulle scale o sollevato da terra?”, “con qualsiasi condizione di tempo?”. O ancora: “lavorare da solo per un lungo periodo di tempo?”, “essere regolarmente lontano da casa?”, “lavorare per turni, inclusi quelli notturni?”. 50 sono in tutto le domande che compongono il test che, secondo molti, non è adatto a ragazzini di 12 anni che ancora non hanno neanche la cognizione di cosa significhi lavorare: in classe, attraverso il tablet o lo smartphone, rispondendo alle domande, ogni alunno può ricavare un proprio profilo professionale

Un mamma, tra la preoccupazione e l’indignazione, racconta sul sito del Comune –info di Genova che i quesiti si spingono anche oltre e che ai propri figli si chiede:  “Quanto ami maneggiare denaro?“, “eseguire ordini e istruzioni?“. Quindi: “Affrontare situazioni dolorose?”. È possibile rispondere con una delle cinque opzioni date, da “non mi piace assolutamente” a “mi piace molto”. Sicuramente, il questionario ‘sotto accusa’ è un po’ insolito per studenti della seconda media, ma come dichiarano gli stessi ideatori a ‘La Repubblica’, l’obiettivo è quello di “aiutare le persone a prendere in modo responsabile decisioni sul proprio futuro“.

‘È un modo per scegliere in modo consapevole il proprio futuro’

Giulio Iannis, responsabile del Centro studi Pluriversum, così spiega: “Il nostro è un classico questionario di ‘Carrier learning’ e ha un fondamento pedagogico. Non è un test diagnostico, né psicologico. Tanto meno profiliamo ragazzini da offrire in futuro alle aziende. Piuttosto, diamo loro la possibilità di capire che cosa è un lavoro, offriamo stimoli per far crescere la loro consapevolezza. Molti studenti prendono decisioni importanti senza sapere nulla di quel mondo, molto dell’abbandono scolastico nei primi due anni delle superiori dipende dalla scuola scelta senza consapevolezza”.

Nessun test discutibile quindi per Iannis, che assicura che “queste domande sono stimoli per poter ragionare, i ragazzi fanno una prima riflessione sulle loro priorità”. Iannis riconosce che molti docenti e genitori si oppongono ad un’impostazione così dura, ma è convinto che l’orientamento a scuola è molto necessario, soprattutto per gli studenti meno abbienti: “Parlare a scuola di lavoro non deve essere un tabù, l’alternativa è lasciare i ragazzi in età scolare dentro un’ignoranza che può pregiudicare le scelte della loro vita”, conclude.

L’assessora all’Istruzione, all’Università e alla Formazione della Regione Liguria, Ilaria Cavo, spiega che nessuno vuole indurre gli studenti a dirigersi verso l’attività lavorativa indicata dal test, ma molti di loro, alle superiori, nei percorsi classici della scuola potrebbero perdersi. Meglio allora optare per percorsi professionali, ma in proposito fa un’importante precisazione: “la formazione professionale in Liguria non ha conosciuto un boom di iscrizioni mentre crescono le matricole universitarie, a dimostrazione che non spingiamo nessuno a lavorare”.