Il 30 maggio si avvicina e ormai lo sciopero generale della scuola promosso dai sindacati è alle porte: sono stati tanti, nell’ultimo periodo, i comunicati, gli interventi e le dichiarazioni da parte di tutte le sigle sindacali per informare sulle conseguenze che la riforma della scuola comporterebbe, se passasse in Parlamento senza alcuna modifica. Quale sarà la risposta da parte dei docenti, educatori e personale ATA? Parteciperanno alla protesta o preferiranno rinunciare alla possibilità di manifestare la propria posizione?
Quale sarà la partecipazione del personale scolastico allo sciopero generale?
Mancano pochi giorni allo sciopero generale indetto unitamente dai maggiori sindacati: occorre una risposta forte da parte del mondo della scuola affinchè il governo possa accogliere gli emendamenti fino a questo momento presentati e modificare il Decreto 36/2022. Negli ultimi scioperi la partecipazione è stata alquanto bassa: insegnanti, educatori e ATA si sono mostrati piuttosto passivi e solo in pochissimi hanno manifestato il proprio dissenso. Cosa succederà adesso? Continuerà la passività del personale scolastico o i lavoratori della scuola si sveglieranno per protestare contro un contratto che non arriva mai, aumenti stipendiali previsti irrisori, decurtazione di organico e carta docente, forme di reclutamento lunghe, formazione incentivata solo per alcuni dopo esami a non finire?
Riflessioni di un docente
Riportiamo le riflessioni che sono giunte in redazione da parte di un docente della scuola secondaria di I grado in riferimento al prossimo sciopero generale del 30 maggio:
“La forza di una categoria di lavoratori è sempre stata nella sua capacità di essere un gruppo coeso, capace di reagire, di manifestare, di lottare anche a lungo per i propri diritti e le proprie rivendicazioni e di farlo in modo organizzato attraverso strutture di rappresentanza, associazioni e sindacati. I docenti, invece, pensano che ogni cosa sia a loro dovuta dagli aumenti contrattuali, dal ritiro di riforme scolastiche, dalla stabilizzazione in ruolo, senza ‘mai sporcarsi le mani’, senza far nulla. Recentemente poi hanno sostituito la lotta con il ricorso, facendo la fortuna dei ricorsifici.
Molti non vogliono neppure informarsi e non prendono nemmeno in considerazione la possibilità che per cambiare bisogna lottare, sono sempre pronti a lamentarsi e a rinunciare a ogni forma di lotta, qualsiasi essa sia, pronti ad alzare le mani, ad arrendersi. Un problema che oggi per loro non è il loro problema neppure esiste, ma anche se quello che oggi non è un problema per loro, domani lo sarà. Tutti i governi sanno questo e fanno quel che vogliono, sanno che oltre un milione di personale della scuola è diviso e per questo non conta nulla. Se i docenti non vogliono lottare, allora si rassegnino ai loro bassi salari, ai rinvii dei contratti, a lavorare di più e guadagnare di meno”.