Negli ultimi giorni l’Esecutivo sembrerebbe essersi diretto sempre di più verso una crisi nera, ma che cosa potrebbe accadere alla Riforma delle pensioni qualora il premier Mario Draghi dovesse rassegnare le proprie dimissioni? Quali misure rischierebbero di saltare?
Crisi di Governo e Riforma pensioni
Come abbiamo anticipato, negli scorsi giorni il presidente del Consiglio Mario Draghi avrebbe messo in dubbio la propria permanenza a capo del Governo con significative conseguenze anche dal punto di vista della Riforma pensioni prevista per il prossimo anno. A tal proposito, con lo strappo interno al Movimento 5 Stelle, anche il futuro dei lavoratori potrebbe di fatto cambiare. Ciò che è certo è che nell’ipotesi delle elezioni anticipate, la riforma pensionistica slitterebbe ancora una volta più in là nel tempo. Ed il ritorno alla Legge Fornero si rivelerebbe dunque l’unica strada percorribile.
Inoltre, ad essere a rischio in questo scenario sarebbero specialmente l’Ape sociale e Opzione donna. Misura quest’ultima non molto gradita a Bruxelles, poiché per quanto poco costosa abbasserebbe troppo il requisito anagrafico per l’accesso alla pensione. 58-59 anni contro i 64 anni e 4 mesi di media in Europa.
Cosa accadrebbe con un Governo Draghi-bis?
Al contrario, se si dovesse andare incontro ad un Governo Draghi-bis la Riforma pensioni procederebbe grossomodo seguendo le linee guida finora tracciate. E, quindi, l’ipotesi più accreditata è che venga introdotta la misura proposta dal presidente Inps Pasquale Tridico della pensione divisa in due quote. Quella contributiva al raggiungimento dei 63 anni di età e quella retributiva una volta compiuti i 67 anni. Una soluzione che, come abbiamo già visto, avrebbe dei costi contenuti ma permetterebbe allo stesso tempo a tantissimi italiani di lasciare in anticipo il mondo del lavoro con una spesa complessiva di 500 milioni nel 2023, per arrivare poi a 1,5 miliardi nel 2024 e a 2,5 miliardi nel 2029.