Il 2023 si avvicina sempre di più e la Riforma pensioni sembra non aver ancora trovato un punto di svolta, nel frattempo l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano boccia Quota 41, tanto voluta dalla Lega e dai sindacati, e propone un’altra ipotesi. Cosa prevedrebbe e come funzionerebbe.
La situazione attuale
Sul fronte della Riforma pensioni la questione sembra complicarsi sempre di più, complici anche le imminenti elezioni politiche che avranno luogo in Italia il prossimo 25 settembre. In questo scenario, al di là delle proposte dei singoli partiti avanzate all’interno dei loro programmi elettorali, una cosa appare certa: Quota 102 dovrà terminare con la fine dell’anno e Quota 41 per tutti non può rappresentare un’alternativa concreta a causa degli elevati costi.
Secondo le previsioni Inps, infatti, tale misure andrebbe a costare 18 miliardi di euro fino al 2025. Non bisogna, inoltre, dimenticare che al momento è comunque possibile lasciare il mondo del lavoro con la pensione anticipata ordinaria che prevede 42 anni e 10 mesi di contributi e un anno in meno per le donne. A bocciare Quota 41 sarebbe anche l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, il quale ha però proposta una valida alternativa.
Riforma pensioni 2023: la proposta di Damiano
Stando a quanto proposto da Damiano, bisognerebbe arrivare a garantire ai lavoratori una qualche forma di flessibilità in uscita, attuando le opportune distinzioni a seconda del tipo di lavoro svolto. L’ex ministro vorrebbe, infatti, allargare ulteriormente la platea dei beneficiari dell’Ape sociale arrivando per esempio ad includere nell’elenco anche gli insegnanti delle scuole secondarie, i tassisti e gli infermieri. A chi, invece, svolge un lavoro non usurante dovrebbe essere concessa l’opportunità di andare in pensione a 63-63 anni con una lieve penalizzazione sull’assegno.