no al docente esperto
docente esperto

La qualifica di ‘docente esperto’, criticata ampiamente e oggetto di lamentela fra i docenti stessi, non c’è più. Un emendamento è riuscito ad eliminarla. Adesso il testo del Decreto, approvato con 182 voti favorevoli (deve passare all’esame della Camera), prevede per gli insegnanti di ruolo che superano il percorso formativo di tre anni la possibilità di “essere stabilmente incentivati, nell’ambito di un sistema di progressione di carriera che a regime sarà precisato in sede di contrattazione collettiva”. Irene Manzi e Manuela Ghizzoni, responsabili scuola e università del Partito Democratico, esultano.

Il no al docente esperto: una vittoria per il PD

Grazie al lavoro del Pd è stata cancellata la inaccettabile qualifica di docente esperto. Si tratta di un emendamento al quale abbiamo lavorato molto nelle ultime settimane: nelle scuole non ci saranno per legge insegnanti esperti e, di converso, non esperti”. Sono queste le parole introduttive della nota di Irene Manzi e Manuela Ghizzoni. La nota continua:

“È stata anche accolta la proposta che la disciplina sia rinviata alla contrattazione collettiva. Sarebbe stato inaccettabile introdurre una forma di carriera definita per legge e fuori dalla sua sede naturale. Non avremmo accettato nessun compromesso. Abbiamo fatto cambiare idea al governo e siamo convinte che se l’esecutivo fosse stato più aperto al confronto si sarebbero trovate soluzioni adeguate a tutte le questioni poste. Alcune restano sul tavolo ma ci impegniamo a risolverle a partire dalla richiesta al Governo di aggiornare l’atto di indirizzo e di procedere senza altri indugi al rinnovo del contratto. Dobbiamo registrare con rammarico che su alcune criticità il governo si è mostrato chiuso, giustificando la mancata accoglienza di eventuali ulteriori modifiche alla norma con l’eventualità che non sarebbe stata erogata la terza rata del Pnrr”.

“Ci riferiamo alla quantificazione, in legge, dell’importo dell’assegno ad personam che è squisitamente una prerogativa contrattuale, come stabilisce l’art. 45 della legge 165/2001: un precedente che sarebbe stato bene evitare. Pensiamo poi alla previsione di una platea di beneficiari dell’assegno molto ridotta, 32 mila su 850 mila insegnanti, che non potrà portare valore aggiunto al sistema; infine alla disposizione che il beneficiario dell’assegno resti per 3 anni nella propria sede: una previsione illogica poiché non connessa ad alcun profilo professionale. Pur con la volontà di ottemperare agli obiettivi di Pnrr, ci impegneremo per risolvere tali criticità”.