Quota 41
Cartello Quota 41

Se da un lato la proposta di Fratelli d’Italia di Opzione uomo per la prossima Riforma pensioni sembra trovare il favore dell’Inps, dall’altro non manca neppure chi si è espresso contro; a tal proposito torna in campo il cavallo di battaglia della Lega: Quota 41, ma stavolta con una soglia di età minima.

Riforma pensioni 2023

Nell’ultimo periodo si è sentito molto parlare di una nuova ipotesi formulata dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni a proposito del tema pensionistico. La misura in questione, la cosiddetta Opzione uomo, prenderebbe spunto dall’attuale Opzione donna e permetterebbe l’uscita dal mondo del lavoro a 58-59 anni di età con almeno 35 anni di contributi versati. In cambio, però, di una significativa penalizzazione sull’assegno che verrebbe calcolato con il sistema contributivo puro.

Se da un lato la proposta è stata accolta positivamente dal presidente Inps Pasquale Tridico, il quale l’ha valutata come un primo passo nella giusta direzione, dall’altro non è mancato neppure chi ha espresso il proprio dissenso. In particolare, i sindacati l’hanno considerata una misura altamente penalizzante. Anche la Lega, dal canto suo, sembrerebbe continuare a rimanere ancorata su Quota 41.

Quota 41 con soglia di età: come funzionerebbe?

Alla luce di quanto detto, torna in auge il cavallo di battaglia della Lega, vale a dire Quota 41. Stavolta, però, nella sua definizione potrebbe esserci un importante cambiamento. A differenza della formula classica che permette l’accesso alla pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, in questa nuova ipotesi la misura di anticipo pensionistico garantirebbe ai lavoratori la stessa possibilità, ma soltanto al raggiungimento di un determinato requisito anagrafico.

A tal proposito, è altamente improbabile che la soglia di età venga fissata intorno ai 60-61 anni. Visti gli esiti di Quota 100 e Quota 101. Al contrario, è molto più verosimile che si possa trovare un’intesa sui 63-64 anni. In questo modo, infatti, si potrebbe garantire una certa flessibilità in uscita, riducendo però i costi per lo Stato. Così facendo, la spesa si aggirerebbe sui 5 miliardi l’anno. Una cifra considerata accettabile per il sistema previdenziale.