Un docente che offende sui social, può essere sottoposto a sanzione disciplinare? A chiarire la questione è il Giudice del Lavoro di Palmi, che ha rifiutato la richiesta del ricorrente (precario della provincia di Reggio Calabria) che chiedeva l’annullamento del provvedimento della sanzione disciplinare ricevuta per aver offeso una collega (allora Ministro dell’Istruzione) su Facebook. La sanzione prevedeva la sospensione dall’insegnamento per 20 giorni senza retribuzione.
Docenti e offese sui social: il caso
Il caso dei docenti che si permettono di offendere altre persone sui social network, come se stare dietro ad uno schermo desse l’autorizzazione a farlo, sono in vertiginoso aumento. Naturalmente, sono in tanti (i più) a farlo, non solo i docenti. Ma da questa categoria, dedita all’educazione dei giovani, ci si aspetta sempre un po’ di più. Per questo quando ad offendere è un docente, la cosa ha una rilevanza maggiore.
Nel caso esaminato dal Giudice, il docente aveva offeso la collega con epiteti come: “fitusa inconsistente, cognitiva-inetta-ignorante, incompetente-capradeficiente- bestia animale-cazzara”. La sua difesa si è basata sul diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero ed sulla libertà di critica del lavoratore. Tra le altre cose, il ricorrente contestava il fatto che il procedimento disciplinare inizialmente era stato avviato dal Dirigente Scolastico, e non dall’Ufficio Competente per i Procedimenti disciplinari.
La decisione del giudice
Il Giudice ha respinto la richiesta di dichiarare irregolare il procedimento, in quanto la fase dell’istruttoria era stata condotta dal Dirigente Scolastico e non dall’organo che ha emesso la sanzione. Leggiamo: “La condotta della Dirigente scolastica appare pertanto formalmente legittima, in quanto conforme alla disciplina prevista per il procedimento disciplinare, secondo quanto codificato dall’art. 55 bis del D. Lgs. 165/2001, che in materia di “competenza” prevede un’architettura fondata sulla bipartizione tra “sanzioni di minore” e “sanzioni di maggiore” gravità – ex combinato disposto dai commi 1 e 4 del citato articolo 55 bis-.
Emerge pertanto che la Dirigente scolastica, all’esito dell’istruttoria, identificato l’autore della condotta in analisi e valutata la possibile gravità dei fatti, riteneva che la possibile sanzione irrogabile a definizione del procedimento disciplinare, in caso di intervenuto accertamento di responsabilità del dipendente, esulasse dalla propria sfera di competenza e, pertanto correttamente provvedeva alla trasmissione degli atti all’UPD in ottemperanza di quanto prescritto dall’art. 4 del già citato articolo 55 bis. Si osserva inoltre come la dirigenza scolastica dovesse necessariamente interloquire con il docente, trattandosi di fatti specifici ab origine ascritti, in esclusiva, alla di lui condotta.”
Con i docenti maggiore severità
Il Giudice ha pure argomentato, come riporta D. Caudullo su Sidels, il ruolo del docente. “A questo punto risulta importante sottolineare come la centralità della figura del docente nel contesto sociale, per la formazione e lo sviluppo dei propri alunni determini la rilevanza di ogni comportamento tenuto dallo stesso anche al di fuori dal contesto prettamente scolastico. In particolare, è possibile attribuire se possibile, ancora maggiore gravità a quelle condotte poste in essere sui social network, dove le stesse sono facilmente accessibili e visibili agli alunni (potenzialmente quelli rimessi alla cura dell’insegnante, intesa la predetta locuzione in termini di omnicomprensività sotto il profilo della vigilanza, della didattica e dell’educazione per quanto di pertinenza alla figura istituzionale del docente).
Il ruolo di “educatore” non può essere di certo ricondotto e/o circoscritto alla mera durata temporale della prestazione lavorativa; il che vale a dire – anche in aderenza al codice di comportamento dei dipendenti pubblici – che la condotta del docente deve risultare irreprensibile anche al di fuori dello stretto contesto lavorativo“.
E la libertà di pensiero e critica? Il Giudice spiega: “A nulla, pertanto, vale il richiamo al diritto di critica e alla libertà di pensiero, poiché la condotta posta in essere, e formalmente contestata, deve essere controbilanciata dal danno all’immagine della Pubblica Amministrazione, conseguente al comportamento esplicitato sui social network.“