Il TAR Lazio ha accolto in via cautelare il ricorso patrocinato dall’Avv. Maria Rosaria Altieri ed ha applicato il principio di diritto espresso dall’Adunanza Plenaria con le sentenze del 29 dicembre scorso, sui titoli di abilitazione conseguiti in Romania e Bulgaria, anche ai provvedimenti di rigetto alle istanze di riconoscimento del titolo di specializzazione per l’insegnamento su posti di sostegno conseguito in Spagna, annullandoli.
Il titolo di sostegno conseguito in Spagna va riconosciuto
Il ricorso era stato avanzato perché il Ministero dell’Istruzione e del Merito, senza neppure esaminare i titoli posseduti dalla ricorrente, aveva emesso un provvedimento di rigetto per mancata produzione da parte della docente dell’attestazione della qualifica professionale rilasciata dal Ministero spagnolo (cd. Acreditación).
Ebbene, l’Avv. Altieri aveva rilevato come anche per i titoli di abilitazione e specializzazione conseguiti in Spagna, possa trovare applicazione il principio espresso sulle abilitazioni rumene dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 18/2022 al punto 10 della motivazione, secondo cui “la mancanza dei documenti necessari ai sensi del più volte art. 13 della direttiva 2005/36/CE non può pertanto essere automaticamente considerata ostativa al riconoscimento della qualifica professionale acquisita in uno Stato membro dell’Unione europea, dovendosi verificare in concreto il livello di competenza professionale acquisito dall’interessato, valutandolo per accertare se corrisponda o sia comparabile con la qualificazione richiesta nello Stato di destinazione per l’accesso alla ‘professione regolamentata’.
Accolte le richieste della ricorrente
Con Ordinanza dell’08/02/2022 il TAR ha integralmente accolto la difese della ricorrente aggiungendo che “in conformità con quanto statuito dalla Corte di giustizia sentenza 8 luglio 2021, C-166/20, il Ministero dell’Istruzione è tenuto: “- ad esaminare «l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli», posseduti da ciascuna interessata; non dunque a «prescindere» dalle attestazioni rilasciate dalla competente autorità dello Stato d’origine, come invece hanno ipotizzato le ordinanze di rimessione; – a procedere quindi ad «un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale», onde accertare se le stesse interessate abbiano o meno i requisiti per accedere alla ‘professione regolamentata’ di insegnante, eventualmente previa imposizione delle misure compensative di cui al sopra richiamato art. 14 della direttiva”.