Supplenze docenti e maternità anticipata, un quesito pervenuto alla nostra redazione ci offre lo spunto per trattare l’argomento relativo ad una possibile gravidanza a rischio. L’Avvocato Maria Rosaria Altieri ha risposto alla domanda posta dalla nostra gentilissima lettrice.
Supplenze docenti, chiarimenti su maternità anticipata per ‘gravidanza a rischio’
Il quesito posto dalla gentilissima lettrice, per la rubrica ‘L’avvocato risponde‘, è il seguente: ‘Buongiorno, sono una docente con contratto fino al 31 agosto ho appena avuto il certificato di gravidanza a rischio. Ora quale procedura devo seguire? La scuola mi dice di recarmi all’ASP mentre c’è chi mi dice che basta il certificato del ginecologo essendo un certificato ospedaliero’.
La risposta dell’Avvocato Maria Rosaria Altieri
La maternità anticipata – esordisce così l’Avvocato Altieri – è un’anticipazione del congedo obbligatorio di maternità riconosciuta dagli artt. 16 e 17 del D. Lgs. 151/2001 – Testo Unico maternità/paternità nelle seguenti ipotesi:
a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza (cd. “gravidanze a rischio”);
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna o del bambino;
c) quando la lavoratrice addetta al trasporto e al sollevamento pesi, nonché a lavori pericolosi faticosi e insalubri, non possa essere spostata ad altre mansioni.
Con l’entrata in vigore del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 (“Decreto Semplificazioni”), la competenza al rilascio dell’autorizzazione per l’astensione anticipata dal lavoro per maternità nel caso di gravidanza a rischio è della Asl di residenza. A questa la lavoratrice dovrà presentare:
a) la domanda di interdizione anticipata;
b) il certificato medico di gravidanza;
c) il certificato medico attestante le gravi complicanze della gravidanza oppure le preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
d) qualunque altra documentazione che ritenga utile.
Nello specifico, dalla documentazione deve risultare esattamente:
- la patologia di cui soffre la lavoratrice,
- la data presunta del parto
- il periodo di interdizione dal lavoro consigliato.
Presentata la domanda, la ASL ha 7 giorni di tempo per pronunciarsi in merito, decorsi i quali, se non vi sono comunicazioni di rigetto, la domanda si intende accolta.
In caso di diniego, la ASL deve comunicarne alla lavoratrice i motivi. Quest’ultima entro i 10 giorni successivi può presentare ulteriori documenti e osservazioni.
Per il rilascio del certificato che attesta la gravidanza a rischio, la donna può rivolgersi ad un ginecologo del Servizio sanitario (ad esempio il ginecologo del Consultorio familiare o di altra struttura dell’Azienda sanitaria) o a un ginecologo libero professionista (privato):
- il primo (ovvero quello rilasciato dal ginecologo pubblico) vale per tutto il periodo e cioè fino all’inizio della maternità obbligatoria;
- il certificato di gravidanza a rischio rilasciato dal ginecologo privato ha invece validità limitata (solitamente 30 giorni) e dovrà essere validato da un medico di struttura pubblica.
Infatti, il certificato del medico privato che attesta la gravidanza a rischio va comunque consegnato alla ASL di residenza che rimane l’unica competente a disporre l’interdizione anticipata dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza.
Quindi, per rispondere al quesito della lettrice, la scuola sbaglia, perché sulla base della normativa vigente (l’art. 17 co. 2 lett. a) D.Lgs. 151/2001; art. 15 co. 1 lett. a) D.L. 5/2012, conv. con mod. in L. 35/2012) se il certificato è stato rilasciato da un ginecologo dell’ospedale, non è necessario recarsi alla ASL per ulteriori adempimenti.