Opzione donna
Opzione donna

Opzione donna così come è stata approvata all’interno della Legge di Bilancio 2023 ha generato un’accesa polemica. Se da un lato, infatti, c’è chi vorrebbe tornare alla versione precedente, dall’altro il Governo fa fatica a far quadrare i conti. Vediamo che cosa sta succedendo.

Opzione donna: scoppia la polemica

La Legge di Bilancio 2023 ha prorogato Opzione donna per un altro anno, ma in una versione del tutto inedita rispetto al passato. Quest’anno, infatti, la misura di anticipo pensionistico riservata alle lavoratrici consente l’accesso alla pensione con 35 anni di contributi e 60 di età, con una riduzione di un anno per ogni figlio fino ad un massimo di due anni. A ciò si aggiunge, inoltre, l’appartenenza ad una delle seguenti categorie:

  • caregiver;
  • invalide civili con un’invalidità pari ad almeno il 74%;
  • lavoratrici di aziende in liquidazione.

È chiaro, quindi, che così formulata Opzione donna risulterebbe nel complesso penalizzante rispetto alla versione precedente, che permetteva di lasciare il lavoro con 35 anni di contributi e 58 di età (59 le autonome). Secondo le prime stime infatti, l’attuale misura restringerebbe la platea a soltanto 800-3.000 donne. Nel 2021 invece Opzione donna aveva permesso di anticipare la pensione a 20.681 lavoratrici, un numero in aumento del 15% nel 2022.

Le parole dell’ex ministro Orlando

Non c’è, quindi, da stupirsi se fin dalla sua approvazione Opzione donna 2023 abbia destato un’accesa polemica da parte dei sindacati e delle lavoratrici. A tal proposito, si è espresso anche l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando, il quale ha manifestato la propria contrarietà al fatto che il Governo non sia in grado di trovare i fondi per garantire la misura con i requisiti precedenti. “Le risorse (ingenti) per salvare le società di calcio si sono trovate” ha scritto Orlando su Twitter. “È incredibile che non si trovino quelle (si parla di 50 milioni) per garantire Opzione donna alle stesse condizioni dello scorso anno” ha infine concluso.