Qualche giorno fa abbiamo dato la notizia della recente sentenza del Tribunale di Marsala, che ha riconosciuto ad un docente che ha presentato ricorso, lo scatto stipendiale 2013. In molti sui social hanno chiesto cosa fare per ottenere lo stesso risultato, e una nostra lettrice ha posto la domanda nella rubrica l’Avvocato risponde. Per cui abbiamo dato incarico all’Avvocato Salvatore Braghini di dare il proprio parere legale.
Recupero scatto stipendiale 2013: il quesito della lettrice
Il recupero dello scatto stipendiale 2013 è un argomento sensibile al momento. In molti stanno presentando la diffida. La nostra lettrice chiede: “Buongiorno avvocato, ho letto della recente sentenza del Tribunale di Marsala, (104 del 21/02/2023) con cui viene riconosciuto lo scatto 2013 ad un docente ricorrente. La mia domanda è: sulla base di questa sentenza, se si ricorre in tribunale ci sono buone probabilità di ottenere lo stesso tipo di risultato? Grazie“.
L’avvocato risponde
L’avvocato Braghini risponde e dà il suo parere legale: “Invero, la sentenza favorevole al riconoscimento del 2013 ai fini della progressione di carriera del Tribunale di Marsala, sez. lavoro, indicata dalla gentile lettrice, è praticamente un caso isolato. Vi sono molte pronunce di rigetto. Appaiono non fondate – a parere di scrive – le iniziative giudiziali, precedute da un modello di diffida per contestare la norma che impedisce gli incrementi economici dei dipendenti pubblici sia per progressioni di carriera sia per avanzamenti di grado, proposte da alcune associazioni e/o OO.SS.
Vero è, infatti, che la Corte Costituzionale ha trattato la questione e ha adottato la sentenza n. 310 del 17.12.2013 ritenendo legittimo il blocco delle progressioni economiche e di carriera (inizialmente previsto fino al 31 dicembre 2013 e prorogato al 31 dicembre 2014 dal DPR n. 122/2013).
Nell’occasione, la Consulta ha ritenuta non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata da diversi Tribunali Amministrativi Regionali relativamente al famigerato art. 9, comma 21, D.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010, respingendo tutte le questioni di legittimità costituzionale che si basavano sulla violazione del principio di parità di trattamento dei lavoratori e dell’equo trattamento economico, in quanto la disciplina degli stipendi pubblici può essere soggetta agli interventi del legislatore mirati a contenere la spesa pubblica.”