precariato
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Cresce il precariato nella scuola. È quanto riportato stamattina nel sito Ansa il quale denuncia dal 2015 l’assegnazione di posti a tempo determinato di +224%. La discontinuità scolastica non solo comporta conseguenze sulla stabilità dei docenti che restano in attesa di essere confermati o cambiare scuola annualmente ma soprattutto sugli studenti, in modo particolare in quelli più fragili e con disabilità. Tra alunni e prof si instaura, infatti, un rapporto di fiducia naturale che aumenta la complicità e favorisce l’apprendimento. Una relazione che di anno in anno deve essere riavviata e per la quale sono necessari mesi. Difficile, dunque, non porre una soluzione concreta al precariato nel mondo della scuola.

Precariato alle stelle, continuano a salire i contratti a tempo determinato

L’analisi riportata da Ansa nella sezione scuola mette in evidenza come la stipula di contratti a tempo determinato nel 2022  sia pari a 225 mila su un numero complessivo di cattedre di circa 900 mila comprendendo tra posti comuni e sul sostegno. Il calcolo è semplice: un tasso di precarietà del 25%.

Al momento le soluzioni previste riguardano un piano di reclutamento che verte sui Concorsi docenti, a partire dal Concorso Straordinario del 2020 che ha visto l’immissione in ruolo dei docenti con almeno 3 anni di servizio nell’a.s. 2021/2022; procedono inoltre i percorsi di specializzazione sulle attività didattiche sul sostegno – siamo al VII ciclo  – che vedrà la copertura sulle cattedre disponibili a partire dal prossimo settembre. In bozza anche l’apertura degli elenchi aggiuntivi della I fascia delle Gps, che vedrà l’inserimento dei docenti con abilitazione all’insegnamento e specializzazione sul sostegno, che potranno ricevere convocazioni con priorità rispetto alla prima fascia, ma sempre con stipula di un contratto a tempo determinato.

Il Ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara nella ricerca della risoluzione al precariato della scuola ha avviato un piano di reclutamento per un numero di 70 mila cattedre complessive per il 2024, di cui circa 20 mila posti a partire da settembre 2023 riservati ai docenti non ancora immessi in ruolo. Si tratta di una progettualità grandiosa con tempistiche ridotte in considerazione del numero di docenti non ancora stabilizzati.

Inoltre, come indicato ancora sul sito Ansa, da un’analisi più approfondita dei dati ufficiali pubblicati nel Portale scuole del Ministero dell’istruzione per l’a.s. 2021/22 (pubblicata dalla rivista specializzata Tuttoscuola), i 70 mila posti previsti per le immissioni in ruolo da Concorso, in base alle previsioni, potranno coprire solamente un terzo dei posti necessari all’organico delle scuole. Si tratta di un numero pari ai 67.467 cattedre su posti vacanti come registrato dal Portale. È infatti importante ricordare, che nell’a.s. 2021-2022, nonostante le immissioni in ruolo dal Concorso Straordinario docenti, non tutti i posti disponibili – e necessari alla stabilizzazione del corpo docente – sono stati assegnati.

Previsti circa 182mila posti a settembre, tra pensionamenti e contratti TD

In relazione ad una prima stima, a settembre 2023 resteranno disponibili circa 182mila posti così suddivisi: 25 mila posti vacanti a seguito dei pensionamenti e un numero di 157.461 cattedre che nell’a.s. in corso, 2022-2023, sono stati assegnanti con contratti di supplenza a tempo determinato fino al termine delle attività didattiche (al 30 giugno) o annuale (al 31 agosto). Si intendono posti comuni e posti sul sostegno. Una differenza sostanzialmente di carattere economico, che di solito i docenti  ammortizzano con la richiesta dell’ indennità di disoccupazione(Naspi) durante i mesi estivi, se spettante, ma che ha come conseguenza la discontinuità della metodologia didattica adottata da ogni docente. Si pensi che la percentuale di sostituzioni dell’insegnante di sostegno dal 2015 è salita del 59%, percentuali che non vengono considerate con il corretto criterio di importanza sulla difficoltà di avviare sempre nuovi percorsi di inclusione e integrazione degli alunni più fragili.

A seguito di questa preziosa analisi, la speranza è che con la visibilità dei numeri allarmanti si possa sempre maggiormente prendere in carico la risoluzione di una non più inderogabile falla della scuola italiana, che se dovesse velocizzare le immissioni in ruolo vedrebbe ridursi anche le numerose difficoltà sociali all’interno degli stessi ambienti scolastici, che di per sé dovrebbero essere invece luogo di serenità, protezione e formazione sia per gli studenti che per i docenti, che in questo via vai si ritrovano continuamente a interrompere rapporti funzionali e instaurarne altri e ancora altri e ancora altri, e non sempre – magari – efficaci.