indennità di trasferta docente fuori sede
docente fuori sede

Il tema della mobilità è una delle questioni che ogni anno interessa la maggior parte dei lavoratori della scuola: tantissimi, infatti, sono i docenti, gli ATA e il personale educativo che puntualmente presentano domanda di trasferimento, con la speranza di poter ottenere una sede di lavoro vicino alla propria residenza. Il sindacato Anief ha riproposto di introdurre una specifica indennità di trasferta per andare incontro alle esigenze di quanti lavorano lontano da casa.

Per l’Anief ’introduzione di un’indennità di trasferta può tutelare la continuità didattica

Oltre 1,3 milioni sono i lavoratori del mondo della scuola: tra questi uno su cinque è soggetto a spostarsi annualmente per via della difformità tra offerta e lavoro. Con l’aumento del costo della vita sono aumentate anche le spese che i lavoratori fuori sede devono sostenere: nell’incontro di ieri, 23 marzo, sul rinnovo del contratto 2019/2021 tra Aran e sindacati, il presidente Anief Marcello Pacifico ha riaffermato che “la continuità didattica dei lavoratori della scuola fuori sede si mantiene non imponendo vincoli alla loro mobilità, ma introducendo una specifica indennità di trasferta”.

A margine dell’incontro, Pacifico ha spiegato ai microfoni dell’agenzia Teleborsa i motivi della sua richiesta: “Il tema della mobilità è molto sentito fra gli insegnanti – ha detto il sindacalista autonomo – perchè abbiamo quest’anno quasi 150 mila, tra insegnanti ed amministrativi che hanno presentato domanda di trasferimento. E questo perché purtroppo nella scuola c’è un alto tasso di precarietà, c’è un alto tasso di immissioni in ruolo che avviene in zone diverse dal proprio domicilio”.

Occorre ‘ristorare’ i lavoratori della scuola

“Allora, noi per primi, come sindacato, vogliamo la continuità didattica, ma questa si ottiene con una indennità di sede, un’indennità di trasferta per chi lavora lontano dal proprio domicilio, e non un’indennità di continuità didattica per chi non si sposta per 5 anni – ha affermato Pacifico. “Il principio da attuare è quello di ‘ristorare’ i lavoratori e quindi anche invogliarli a lavorare in zone diverse della propria residenza, non certo punirli per aver servito lo Stato per tanti anni, prima come precari e poi da immessi il ruolo, rinunciando alla propria famiglia. Riteniamo, pertanto, che le deroghe alla mobilità siano giuste perché bisogna consentire il ricongiungimento, il diritto alla famiglia e quindi bisogna ripensare anche il sistema dei trasferimenti“, ha concluso Pacifico.