La questione dell‘incompatibilità per docenti e ATA con Partita IVA per molti non è chiara. Un lettore ci scrive: “Sono il rappresentante legale (socio accomandatario) di una società agricola in accomandita semplice e al momento sto svolgendo servizio presso un istituto paritario. Parlando col commercialista e qualche sindacalista, ancora non mi è chiaro il discorso dell’incompatibilità. Non essendo un docente di ruolo e non avendo l’esclusività con nessuna scuola… Vorrei sapere, se ad agosto inviando le MAD rischio di essere incompatibile con l’incarico di docente presso un istituto pubblico perché possessore di partita iva?”. Al quesito risponde l’Avvocato Maria Rosaria Altieri.
Incompatibilità fra lavoro pubblico e Partita IVA
La questione dell’incompatibilità del personale docente, educativo e ATA della scuola – scrive l’avvocato Altieri – si inquadra nell’ambito della più generale disciplina dell’incompatibilità dei pubblici dipendenti dettata dagli articoli 60 e ss. del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, secondo cui l’impiegato non può :
- esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione
- assumere impieghi alle dipendenze di privati
- accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del ministro competente.
Analogamente, l’art. 508, comma 10, del D.Lgs. 297/94 dispone che il personale docente “non può esercitare attività commerciale, industriale e professionale, né può assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è riservata allo Stato e sia intervenuta l’autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione”. Il quesito posto dal lettore riguarda, nello specifico, la partecipazione ad una società agricola in posizione di socio accomandatario, ossia di socio amministratore, illimitatamente responsabile.
Il caso posto dal lettore
Preliminarmente occorre precisare che possono essere imprenditori agricoli sia le persone fisiche, che le società di persone (società semplici, società in nome collettivo e società in accomandita semplice) o di capitali (società per azioni, società a responsabilità limitata e società in accomandita per azioni) e gli enti. Tanto premesso occorre analizzare il caso sottoposto tenendo conto che il lettore è socio amministratore della società (rappresentante della società ed illimitatamente responsabile nei confronti dei creditori sociali) e la società svolge un’attività agricola.
Quanto al primo aspetto, è assolutamente vietato al pubblico dipendente (anche in regime di part time) assumere la qualità di socio amministratore di una società, mentre è consentito assumere la qualità di socio non amministratore. Per cui, in una società in accomandita semplice o per azioni, si può assumere la qualità di socio accomandante, ma non quella di socio accomandatario. Quanto alla possibilità di svolgere un’attività agricola, secondo la Circolare della Funzione Pubblica n. 6 del 18 luglio 1997, la partecipazione dei dipendenti pubblici in società agricole a conduzione familiare è configurabile come incompatibile solo nel caso in cui venga svolta in modo prevalente e, quindi, presenti i caratteri di stabilità e ripetitività.
Sul punto la Corte di Cassazione, con ordinanza del 1° dicembre 2020, n. 27420, nel confermare che l’attività agricola per essere compatibile “non deve essere prevalente – in ordine al tempo ad essa dedicato – rispetto all’attività lavorativa nella pubblica amministrazione”, ha, altresì, chiarito che “L’art. 1 del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99 definisce l’imprenditore agricolo professionale come colui il quale «… dedichi alle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c. direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro»”.
Nel caso in cui l’attività agricola sia prevalente, bisognerà trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. In ogni caso, anche qualora l’attività agricola non sia prevalente, deve sempre essere richiesta l’autorizzazione all’esercizio dell’attività imprenditoriale al Dirigente Scolastico. Quanto all’apertura della partita IVA, il Tar Basilicata, Potenza, con sent. n. 195 del 06.03.2003, nel riprendere quanto già previsto nella Circolare del Dipartimento per la funzione del 18 luglio 1997 n. 6, ha confermato che “in relazione all’esercizio di attività agricole, l’apertura della partita I.V.A. di per sé non è un elemento che rende incompatibile il suo esercizio, purché la stessa comporti un impegno modesto e non abituale o continuato durante l’anno”.
In conclusione
Quanto si è sin qui detto, vale sia per il personale di ruolo che per il personale precario, anche in ipotesi di supplenze brevi. In conclusione, si può rispondere al quesito posto dal lettore affermando che per poter accettare supplenze da MAD egli non dovrà essere socio amministratore della società a cui partecipa (ma al massimo socio non amministratore) e dovrà svolgere l’attività agricola, sia pure con partita IVA, in modo non prevalente. Su queste basi potrà richiedere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività imprenditoriale agricola al Dirigente Scolastico.