Gite scolastiche e visite d’istruzione, le attività aggiuntive e le ore eccedenti d’insegnamento vengono disciplinate non solamente dai contratti ma anche dalla legislazione vigente. A proposito delle gite scolastiche, il quotidiano ‘Italia Oggi’ ha risposto al quesito di una docente che ha denunciato una situazione al quanto anomala presente nella scuola primaria dove insegna: le ore per le visite guidate, gite ed altre attività che richiedono la compresenza degli insegnanti non vengono pagate, né recuperate in quanto non è stabilito dalla contrattazione di istituto.
Gite scolastiche e visite d’istruzione, le ore svolte in più vanno pagate o recuperate
‘Italia Oggi’, nel rispondere al quesito posto dall’insegnante, sottolinea come il contratto nazionale di lavoro definisce l’orario settimanale delle lezioni per i docenti dei vari ordini di scuola: naturalmente, non è contemplato il lavoro gratuito. Le gite scolastiche e le visite guidate sono sempre coerenti con la programmazione e con gli orientamenti del Ptof, passano attraverso le delibere degli organi collegiali. Viene rimarcato, inoltre, il fatto che appare strano, anche in considerazione dei recenti fatti di cronaca, che un docente, in questi casi, non venga considerato in servizio.
Occorre soprattutto fare riferimento agli articoli 2904, 2099 e 2126 del Codice civile dove viene stabilito che ogni prestazione lavorativa deve essere retribuita, senza che possano essere previste eccezioni in merito alla mancanza di risorse economiche o a un mancato accordo in contrattazione. ‘Italia Oggi’ sottolinea che, per compensare la carenza di fondi delle scuole, è possibile adattare gli orari su base plurisettimanale e utilizzare la compresenza per recuperare le ore svolte. Nulla vieta di adire la via giudiziale. Viene citata la sentenza N. 3714 del 16 febbraio della Corte di Cassazione dove viene stabilito che il lavoratore che agisca per ottenere il compenso per il lavoro straordinario ha l’onere di dimostrare di aver lavorato oltre l’orario normale di lavoro e, ove egli riconosca di aver ricevuto una retribuzione ma ne deduca l’insufficienza, è altresì tenuto a provare il numero di ore effettivamente svolto.