Stipendi
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Un quesito continua a tormentare il personale scolastico negli ultimi mesi: come mai nonostante gli aumenti previsti dal rinnovo della parte economica del contratto scuola, per docenti e ATA gli stipendi sembrano essere rimasti gli stessi? O in alcuni casi, addirittura sembrano essere diminuiti? La ragione va cercata nell’equilibrio fra voci in attivo e voci in passivo del cedolino, che determinano alla fine l‘importo netto mensile del lavoratore. Proviamo dunque a comprendere cosa è successo rispetto ad un anno fa alla busta paga media dei docenti e del Personale ATA.

Stipendi 2023 docenti: voci positive e negative in aumento

In base a quanto dichiarato nei mesi scorsi, il lordo dell’aumento medio contrattuale degli stipendi dei docenti è di circa 124 euro. Al netto, ovviamente, la cifra scende e in ogni caso varia in base alla fascia di anzianità e al grado di scuola. Poi c’è da considerare che l’aumento non è l’unica voce presente nel cedolino ad essere cambiata. Se è vero che lo stipendio è incrementato (così come l’RPD), è anche vero che è diminuita l’indennità di vacanza contrattuale ed è sparito l’elemento perequativo, inglobato nello stipendio base.

Tra le voci in positivo per il 2023 troviamo anche l’esonero contributivo e si attende l’assegno dell’1,5% che ancora NoiPA non ha versato, ma è stato eliminato il bonus da 100 euro mensili. Inoltre, altre voci incidono in negativo. Le ritenute previdenziali e fiscali sono in aumento, così come le addizionali. Nel complesso, l’insieme di queste voci annulla l’effetto positivo dell’aumento dello stipendio base, portandolo a pochi euro.

Stipendi personale ATA: situazione molto simile

La situazione del cedolino del personale ATA è abbastanza simile. Anche qui troviamo tra le voci in positivo l’aumento dello stipendio base, il taglio del cuneo fiscale e l’aumento del CIA (si attende l’assegno dell’1,5% spettante per il 2023 a tutti i dipendenti pubblici). Tra le voci in negativo, invece, troviamo l’eliminazione del bonus Renzi, l’eliminazione dell’Assegno perequativo (inglobato nello stipendio base), la diminuzione dell’indennità di vacanza contrattuale e l’aumento delle imposte (ritenute fiscali, previdenziali e addizionali). Il risultato, anche in questo caso, è che l’aumento contrattuale al netto non si vede quasi. E aggiungiamo che senza il taglio del cuneo fiscale, addirittura il netto, rispetto ad un anno fa, sarebbe quasi sempre inferiore.