Una lettrice ci pone una domanda in merito ad un dubbio molto comune in questi ultimi mesi: si può presentare domanda per l’assegnazione provvisoria su sostegno con un titolo di specializzazione ottenuto all’estero? La lettrice scrive: “Sono un’insegnante in ruolo su posto comune, posso fare domanda di assegnazione provvisoria interprovinciale su sostegno ma con titolo estero in attesa di riconoscimento?” Rispondono al quesito l’ Avv. Salvatore Braghini unitamente al prof. Carlo Manna della sezione Gilda di Avezzano (L’Aquila).
Assegnazione provvisoria: premessa sulla normativa
Occorre premettere che la normativa vigente in merito all’istanza di assegnazione provvisoria su posto di sostegno è disciplinata dall’art 7 comma 4 del Contratto Collettivo Nazionale Integrativo concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente, educativo ed a.t.a. per gli anni scolastici 2019/20, 2020/21 e 2021/22, per il personale docente, con cui è previsto che “l’assegnazione provvisoria oltre che per il posto o classe di concorso di titolarità, può essere richiesta anche per altre classi di concorso o posti di grado diverso di istruzione per i quali si riscontri il possesso del titolo valido per la mobilità professionale come disciplinato dall’art. 4 del C.C.N.I. 6.3.2019, ovvero per altra tipologia di posto per il quale si possegga lo specifico titolo di specializzazione, fatto salvo il vincolo quinquennale di permanenza sul sostegno, su posti di tipo speciale o di indirizzo didattico differenziato […]”.
Il successivo comma 14 del medesimo articolo del CCNI sulla mobilità annuale, estende la possibilità di chiedere l’assegnazione provvisoria interprovinciale su posto di sostegno anche a chi, pur non essendo in possesso dello specifico titolo di specializzazione, si trovi in presenza di una delle seguenti condizioni:
- che stia per concludere il percorso di specializzazione sul sostegno;
- che abbia prestato almeno un anno (180 gg) di servizio, anche a tempo determinato, su posto di sostegno.
In relazione alla specifica domanda posta dal lettore, può osservarsi che, secondo la recente giurisprudenza della giustizia amministrativa, il riconoscimento del titolo conseguito all’estero da parte del Ministero dell’Istruzione ha natura costitutiva ai fini della spendibilità dello stesso nel Paese europeo diverso da quello che lo ha rilasciato, in questo caso l’Italia. Infatti, per il titolo estero non ancora riconosciuto, ma per il quale è stata presentata istanza di riconoscimento al MIM, c’è voluto un atto legislativo che ne consentisse la validità ai fini della stipula dei contratti con l’amministrazione. La vigente disposizione di legge di cui al d.l. 22 aprile 2023, n. 44, all’art. 1 comma 13, ha quindi istituito gli elenchi aggiuntivi alla I fascia GPS per gli aspiranti in attesa di riconoscimento del titolo estero, prevedendo, altresì, al comma 14, la possibilità di stipulare contratti a termine (con la clausola risolutiva espressa per il caso di rigetto dell’istanza di riconoscimento).
E’ possibile presentare domanda?
Fatte le dovute premesse può desumersi che la lettrice, allo stato attuale, non possa presentare l’istanza di assegnazione provvisoria in quanto non possiede nessuno dei due requisiti previsti dall’art 7 comma 14 del CCNI mobilità annuale, alternativamente richiesti al fine di consentire la presentazione della domanda interprovinciale su posto di sostegno (senza titolo di specializzazione). E’ pur vero, però, che si può pervenire ad una conclusione diversa se si assumono gli effetti estensivi alla recente disposizione di legge che valorizza il titolo estero non ancora riconosciuto ai fini della stipula contrattuale.
Il sistema telematico di Istanze on line non indicherà la “spunta” titolo estero non ancora riconosciuto ma esclusivamente le due opzioni appena richiamate (“in conclusione del corso di specializzazione per il sostegno” ovvero “ha prestato un anno di servizio su posto di sostegno”), ma, ciononostante, a modesto avviso di chi scrive, si potrebbe tentare di inviare una domanda cartacea evidenziando che la condizione del titolo conseguito all’estero ancora in attesa di riconoscimento sia equiparabile (se non al TFA conseguito in Italia) perlomeno a quella di chi deve ancora concludere il TFA per il conseguimento del titolo di specializzazione in Italia. Sarebbe un passaggio propedeutico utile per poi presentare ricorso al Giudice del Lavoro nel caso (certo) di rigetto, ovvero non considerazione della propria domanda (se non altro poiché presentata in modo cartaceo).
Alternativa
In alternativa a tale ipotesi, si può partire dall’equiparazione tout court della propria situazione (possesso di titolo conseguito all’etero) a quella di chi ha conseguito un titolo di specializzazione in Italia (senza differenziare il Paese del conseguimento) e dichiarare tra gli allegati, in modo trasparente, il titolo e il luogo (estero) di conseguimento, specificando altresì che non si è ancora ottenuto il riconoscimento. L’ipotesi è sorretta dal diritto di accesso alla professione docente tutelato dalla direttiva n. 36/2005 e dal D.lgs. n. 206/2007 attuativo, corollario del diritto alla libertà di circolazione previsto dall’art. 45 del TFUE, posto che la succitata direttiva riconosce in modo chiaro e incondizionato l’obbligo incombente sugli Stati membri in materia di reciproco riconoscimento dei titoli di studio acquisiti nei paesi dell’UE. Sussiste, inoltre, a fondamento della scelta di concorrere comunque alla procedura di assegnazione provvisoria, il diritto alla fruizione del c.d. “accesso parziale”, introdotto con la direttiva 2013/55/Ue, in attuazione di quanto stabilito dalla Corte di Giustizia Europea.
Quest’ultima, infatti, si è pronunciata a riguardo più volte, a far data dalla nota sentenza “Morgenbesser” del 13 novembre 2003 C-313/2001 (cfr. anche sentenza CGE 15 ottobre 1987 causa n 222/86 Heylens; 7 maggio 1991 C-340/89 Vlassopoulou; 7 maggio 1992 C -104/91 Aguirre Borrell), stabilendo il principio secondo cui uno stato membro, a cui si rivolge un cittadino di altro Paese che intende svolgere una professione regolamentata, <<deve disporre una valutazione del titolo “in bonam partem”, cioè finalizzata in via di principio alla “salvezza degli effetti della qualifica conseguita in un altro paese”, anche quando essa non soddisfi pienamente, ma solo parzialmente, i requisiti fissati in quella legislazione: ciò alfine di garantire il diritto alla libertà di circolazione previsto dall’art. 45 del trattato fondativo dell’Unione Europea>>.