Continuano a destare malcontento i nuovi percorsi abilitanti che interesseranno i docenti della scuola secondaria di I e II grado. Molte sono le preoccupazioni che stanno sorgendo tra coloro che intendono conseguire l’abilitazione, e dal Ministero non sembrano arrivare chiarimenti nè rassicurazioni. Esiste solo una ‘deadline’ definita dal DPCM del 25 settembre che vorrebbe la chiusura della prima tranche di percorsi entro il 31 maggio 2024, oltre ai vari step intermedi con scadenze prefissate di cui non si ha nemmeno la certezza che vengano rispettati. Vediamo quindi quali sono i principali dubbi diffusi tra gli insegnanti.
Percorsi abilitanti, cosa non convince?
Allo stato attuale mancano circa 3 settimane al 15 novembre, data di chiusura dell’iter di accreditamento da parte degli Atenei che potranno attivare i corsi, ma restano molte incognite. Alcune università hanno già iniziato a pubblicare sui propri siti un’apposita sezione dedicata ai percorsi abilitanti, e atenei come quelli di Bologna, Milano Bicocca, Palermo, Genova e Roma Tor Vergata sembrerebbero essere i più avanti con le procedure, mentre altri sarebbero ancora nel limbo. Ciò che preoccupa principalmente è una ‘deadline’ indicata dal DPCM difficilmente realizzabile e, se realizzabile, potrebbe indurre a un percorso che abbasserebbe la qualità degli obiettivi che il DPCM stesso prevede.
C’è poi il problema della richiesta dei permessi studio da 150 ore: come potranno comportarsi coloro che sono interessati a seguire i percorsi abilitanti? Verrà aperta una finestra temporale ad hoc dopo il 15 novembre (data di scadenza della presentazione della richiesta dei permessi stessi)? Ma non solo. Se le Università dovranno attivare prima i percorsi da 60 cfu, coloro che dovranno conseguire solo i 30 o i 36 cfu dovranno ancora aspettare, trovandosi a fare tutto nel giro di un paio di mesi (la scadenza per il conseguimento dei 30 cfu è infatti fissata al 28 febbraio).
Manca inoltre una definizione delle classi di concorso per le quali si attiveranno i percorsi da 60 cfu ( il testo di legge fa infatti riferimento ai fabbisogni regionali); laddove quindi il fabbisogno registri quota zero per alcune cdc, i docenti abilitati o specializzati rischierebbero di non avere corsi a cui iscriversi in sovrannumero. E non da ultimo spaventa il costo dei percorsi che, nonostante le promesse, non è stato calmierato. Il DPCM parla di una soglia massima di 2.000/2.500 euro, con l’unico beneficio (nemmeno per tutti) del voucher da 500 euro della carta del docente.
Insomma, troppe criticità che ancora non trovano risposta e che, senza soluzioni di sorta, creeranno difficoltà sia ai docenti precari che a quelli ingabbiati.