Coordinamento precari scuola Bologna e Modena: ‘Perché ai primi di ottobre ancora cattedre vuote?’

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Riceviamo e pubblichiamo un comunicato inviatoci dal Coordinamento precari-ie scuola Bologna e Modena.

Perchè ai primi di ottobre ancora cattedre vuote?

Perché a ormai 3 settimane dall’avvio ufficiale delle lezioni, mancano ancora così tanti insegnanti nelle scuole, al punto da costringere molti presidi a mantenere un orario ridotto? E’ questa la domanda che ci si pone in un articolo di Repubblica Bologna e sui principali siti di informazione scolastica alla quale il direttore dell’Ufficio scolastico dell’Emilia Romagna, dott. Stefano Versari, ha risposto così: “Rinunciano perché hanno paura del Covid o preferiscono il reddito di cittadinanza”.
Queste sue parole rientrano in una certa narrazione sui docenti precari-ie come dei fannulloni e degli ingrati, che preferiscono campare a spese dello stato piuttosto che lavorare, che addirittura si permettono di rinunciare ad un’offerta di lavoro per non mettere a rischio la propria salute. Una
narrazione, sottesa all’intero articolo, che riteniamo ingiusta verso una categoria che da anni – e il direttore lo sa bene- letteralmente tiene in piedi la scuola italiana al pari dei colleghi di ruolo, ma con meno diritti e meno tutele.
Secondo noi le risposte alla domanda iniziale sono ben altre e pensiamo che famiglie, studenti e studentesse abbiano diritto di sapere come stanno veramente le cose.
Le cattedre sono ancora vuote perché le nuove graduatorie provinciali sono state un pasticcio: form per compilare la domanda che cambiano in corso d’opera, uffici scolastici sotto organico che in tempi strettissimi hanno dovuto valutare le domande, punteggi sbagliati.
Le cattedre sono ancora vuote perché anche le convocazioni sono state un pasticcio, partite in ritardo e gestite sicuramente non al meglio, con piattaforme telematiche che non hanno funzionato come dovevano. Inoltre, come avevamo già segnalato in tempi non sospetti, gli uffici
scolastici di Bologna e Modena hanno previsto inizialmente un numero assolutamente non congruo di candidati e quindi hanno poi dovuto procedere alla seconda e alla terza tornata di convocazioni, con conseguenti tempi molto lunghi, facendo slittare ulteriormente le convocazioni
da graduatorie d’istituto, anch’esse fondamentali per il regolare avvio dell’attività didattica (si pensi per esempio alle maternità, alle malattie lunghe).Le cattedre sono ancora vuote perché non si è tenuto assolutamente conto del fatto che spesso le stesse persone sono iscritte a diverse graduatorie. Ci chiediamo se questo sia stato considerato quando sono stati divulgati i numeri, e se qualcuno si sia posto il problema di verificare se quelle che sono state chiamate “rinunce” non siano in realtà persone che hanno già preso cattedre in altre graduatorie.
Le cattedre sono vuote perché si è concesso alle scuole di assumere nuovi docenti (il “personale Covid”) per garantire il distanziamento, ma invece di pensarlo come un provvedimento strutturale di ampliamento dell’organico, si è scelta la via della misura emergenziale, creando oltretutto una categoria di lavoratrici e di lavoratori di serie B, licenziabili in caso di sospensione delle lezioni.Ma, soprattutto, le cattedre sono vuote perché da anni non c’è in Italia la volontà politica di trasformare l’organico di fatto in organico di diritto, di stabilizzare i precari e le precarie della scuola, di mandare a regime un serio e stabile percorso di reclutamento dei docenti, che non cambi ogni volta che cambia un ministro – come il dott. Versari stesso ha giustamente sottolineato in un suo recente intervento in università.
Le cattedre rimangono vuote perché cerchiamo di ottenere quella più vicina a casa? E che male ci sarebbe nel cercare sempre migliori condizioni di lavoro, a fronte di uno stato che ci lascia nel precariato?
Le cattedre sono vuote perché preferiamo il reddito di cittadinanza? Che l’autore di queste dichiarazioni provi a vivere con quello e poi ci dica se è davvero una prospettiva così allettante…
Le cattedre sono vuote perché c’è il Covid? Probabilmente anche. Ma se come lavoratore o lavoratrice non mi sento sicuro/a di tornare a scuola, se, pur di non mettere in pericolo la mia salute e quella dei miei familiari, rinuncio ad un posto di lavoro e al relativo stipendio… beh, questo è un problema su cui il direttore dell’Ufficio Scolastico dell’Emilia Romagna si dovrebbe seriamente interrogare, magari insieme ai piani alti di Roma, senza colpevolizzare il lavoratore o la lavoratrice. Perché il ritorno a scuola in sicurezza tanto sbandierato dalla ministra Azzolina forse è solo una storia che ci piace raccontare, ma non corrisponde alla realtà dei fatti.In questi giorni alcuni docenti precari non hanno potuto partecipare alle prove preselettive del TFA sostegno, perché in quarantena a seguito di casi positivi nelle loro classi. La cosa rischia di ripetersi con il concorso straordinario, che la ministra Azzolina si ostina a voler svolgere in piena
pandemia. Chi me lo fa fare allora di andare a lavorare a scuola, se poi proprio a scuola rischio di contagiarmi, e di conseguenza dovrò rinunciare al concorso che aspetto da anni, e che chissà quando si rifarà?
Il 14 settembre, lo sappiamo, è stata solo una falsa partenza di anno scolastico, ma è ingiusto cercare un capro espiatorio nel docente precario che non risponde alle convocazioni. Sa, se volete avere del personale sempre a disposizione, dovreste assumerlo a tempo indeterminato…
Invitiamo il dott. Versari ad essere onesto e cercare le vere motivazioni del caos di quest’anno a Roma presso il ministero. Lavoriamo insieme per costruire una narrazione più giusta e aderente alla realtà riguardo ai problemi della scuola.

Coordinamento precari-ie scuola Bologna e Modena

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