Supplenze scuola per l’anno scolastico 2020/21, sotto accusa la clausola inserita nel contratto di lavoro a tempo determinato secondo la quale, in caso di chiusura dell’istituto e di sospensione delle attività didattiche in presenza a motivo del coronavirus, il docente precario a cui era stata assegnata la supplenza viene licenziato ‘per giusta causa’ e senza diritto ad alcun indennizzo.’
Tuttavia, la Nota del Ministero dell’Istruzione N. 26841 del 5 settembre ha precisato che ‘in caso di cessazione della sospensione, alla ripresa dell’attività didattica in presenza, i predetti contratti sono riassegnati ai precedenti titolari, ove ancora disponibili, ai fini della continuità didattica e dell’economicità dell’azione amministrativa’.
Supplenze ‘personale Covid’: la rabbia dei precari per la ‘clausola ricatto’
Ne ha parlato il portale ‘Today‘ intervistando un insegnante precario della scuola pubblica, Damiano La Rocca, musicista laureato al conservatorio.Damiano ha ricevuto la proposta per una supplenza temporanea di musica da una scuola di Roma, con la seguente dicitura: ‘Tali posti vengono attribuiti ai sensi dell’art. 3 dell’OM 83/2020 e della nota M.I. n. 26841 del 05/09/2020 e saranno risolti per giusta causa senza diritto ad alcun indennizzo in caso di sospensione l’attività didattica in presenza’.
Docenti precari, Lo Stato riserva loro ‘un trattamento privo di equità e di dignità ’
Il professore precario non esita a definire la cosiddetta ‘clausola Covid‘ un ‘ricatto’: ‘Una mancata risposta all’email di convocazione della scuola per loro è una rinuncia. Se non rispondo dando la mia disponibilità – ha raccontato il docente a ‘Today’ – finisco in coda a quella graduatoria di quell’istituto. Le chat dei precari della scuola sono piene di lamentele in tal senso… Non capisco come sia possibile che lo Stato possa riservare ad un lavoratore precario (e di per sé già penalizzato da questa stessa condizione) un trattamento così privo di equità e di dignità . Direi che questa convocazione rappresenti in un solo colpo la negazione del diritto allo studio e del diritto al lavoro, che dovrebbero invece essere valori fondanti del nostro paese’.